A “Cuore aperto” tra “Le case di Mosul”

The Sun, band di riferimento per la scena christian rock italiana, canta per i cristiani perseguitati. La mobilitazione sui social e l’iniziativa #freetopray

The Sun, band di riferimento per la scena christian rock italiana, canta per i cristiani perseguitati. La mobilitazione sui social e l’iniziativa #freetopray

“Dov’è l’Amore? la Verità? la Compassione?”. Gli interrogativi si aprono sullo sfondo in bianco e nero di una devastata Mosul, seconda città dell’Iraq. Un bambino corre e in una straziante sequenza incontra esplosioni, bombe, missili, lacrime, volti spaventati di bambini come lui, e ancora devastazione e icone sacre fatte a pezzi. Scene che, per una volta, non vengono dalla cronaca, anche se sono drammaticamente vere, ma dal video musicale della canzone “Le case di Mosul”, primo singolo estratto dell’album “Cuore aperto” dei The Sun, miglior punk rock band italiana (decretata al Meeting delle Etichette Indipendenti del 2004), le cui canzoni affrontano temi come la libertà religiosa, il rispetto dei diritti umani e la promozione della pacifica convivenza tra i popoli. Loro sono Francesco Lorenzi (autore, cantante e chitarrista), Riccardo Rossi (batterista), Matteo Reghelin (bassista), Gianluca Menegozzo (chitarrista): età media 32 anni, cresciuti insieme a Thiene (Vicenza),  lavorano in gruppo dal 1997. Dalla conversione del leader a quella dell’intera della band, la svolta personale ha arricchito l’esperienza lavorativa, riflettendo nelle canzoni la maturazione della fede.

 

Il 16 aprile è uscito “Cuore Aperto”, anticipato appunto da “Le case di Mosul”, brano ispirato all’omicidio di Mahmoud Al’Asali, docente di diritto all’Università di Mosul, ad opera degli islamisti del califfato a causa della sua difesa dei diritti dei cristiani e delle altre minoranze religiose della città. Grazie ai social network, questo brano ha creato una vera e propria community che ha interagito intorno al tema “credo in te”, amplificato anche dall’iniziativa #freetopray che ha mobilitato tanti fedeli nel mondo uniti nella preghiera contro le persecuzioni dei cristiani. A spiegarne la genesi è il leader del gruppo, Francesco Lorenzi:  «È una canzone che grida la necessità del rispetto dei diritti umani, della pacifica convivenza tra i popoli, del rispetto della libertà religiosa. Ma più di questo, abbiamo sentito l’esigenza di dare uno schiaffo al silenzio assordante che c’è in Italia. È facile scrivere canzoni contro le dittature, contro i genocidi, quando queste cose sono già successe. Anche questo silenzio è complicità, come i tedeschi che facevano finta di non sapere cosa stesse accadendo agli ebrei durante la seconda guerra mondiale. C’è purtroppo la tendenza a voltarsi dall’altra parte quando non succede in casa nostra. Ma l’umanità è una sola, siamo una sola grande famiglia umana».

Nella prefazione scritta per il tuo libro “La strada del sole”, il Cardinal Gianfranco Ravasi  riconosce quanto la musica possa sollevare l’anima di ognuno al cielo dandole infinita speranza. È stato così per te?
La musica mi ha salvato e mi salva tutt’ora. Alla base di ogni canzone che scrivo, c’è la mia vita, la mia esperienza a 360° che posso rileggere proprio attraverso la musica. La musica è meglio della psicanalisi. Il primo a giovare della composizione sono io e quando una canzone fa bene a me, valuto la possibilità che possa essere utile per gli altri. La conversione è stato un percorso lungo, impegnativo, a tratti doloroso, ma educativo umanamente e spiritualmente. Prima di fare una vera e propria testimonianza, le persone intorno a me si sono accorte dei miei cambiamenti, del mio coraggio nell’affrontare situazioni anche molto difficili, della speranza che infondevo nonostante tutto. I miei amici, guardando me, si sono accorti della loro immobilità e hanno cominciato ad avere dubbi costruttivi sulla propria esistenza, sul proprio modo di vivere. Solo in un secondo momento, in un’esperienza di grande fraternità che ho condiviso quando mi sono sentito fortificato dalla mia fede, è arrivata la mia testimonianza diretta. Ho sentito che il mio dovere era innanzitutto quello di aiutarli ad uscire dalle oro solitudini personali. E ho parlato personalmente con ognuno. C’è stato un momento preciso in cui Riccardo, Matteo e Gianluca hanno capito le opportunità per la loro vita attraverso le mie parole. Non è stato semplice né immediato, come non lo è nella vita di un alcolizzato, di un assuefatto dal sesso o di una persona mediocre. In questi casi è molto difficile entrare nel cuore delle persone e parlare di Cristo. Ho pregato moltissimo per loro.

Cosa raccontate in “Cuore aperto”?
Ognuno di noi nel proprio cammino ha compiuto scelte concrete dettate dalla scoperta della fede: nel modo di vivere, di vestirsi, di alimentarsi. Lo raccontiamo attraverso le canzoni. C’è il tema dell’amore, dell’amicizia, che per noi è una benedizione, del rispetto del creato, un tema cui sono particolarmente sensibile, che sembra abbia più ascolto in ambienti non cattolici. E, allora, non vedo l’ora di leggere l’enciclica di Papa Francesco. Parliamo anche dell’inferno, di cui si parla sempre troppo poco, non ce lo immaginiamo più. Quando affronti un tema così delicato nella verità è difficile non credere in alcuni segni, come è successo a noi durante la registrazione di questo brano, come audio andati persi, corrente interrotta all’improvviso. Ma l’esperienza ci ha rafforzati.

18 giugno 2015