A Francesco il tabernacolo del “pastorale della misericordia”

Realizzato con le lamiere della baraccopoli di Kibera, a Nairobi (Kenya), come quello che viaggerà in una “staffetta” nelle diocesi del mondo

È realizzato con le lamiere della baraccopoli di Kibera, a Nairobi, in Kenya – lo slum più grande dell’Africa subsahariana -, il tabernacolo del “Pastorale della Misericordia”, ricevuto in dono questa mattina, mercoledì 19 ottobre, al termine dell’udienza generale da Papa Francesco. Simboleggia l’amore di Gesù tra i poveri e per i poveri: segno della presenza viva e autentica di Cristo, che diventa “leggibile” proprio attraverso il materiale con cui è costruito, ferraglia povera, di pastorale_misericordiascarto.

A Francesco è stato donato un tabernacolo costruito con le stesse lamiere del pastorale che viaggerà per le diocesi d’Italia e del mondo, come in una sorta di “staffetta spirituale”, che culmina con un ostensorio. Si tratta di un’iniziativa della Fondazione Casa dello spirito e delle arti, che ha già presentato nei mesi scorsi al Papa altri due progetti: la Croce di Lampedusa, costruita con i legni delle barche dei migranti, e le ostie della Misericordia, prodotte nel carcere di Opera dal laboratorio “Il senso del pane”. In ogni “tappa” del viaggio del pastorale, la Fondazione donerà un tabernacolo, realizzato con le lamiere delle baraccopoli di tutto il mondo.

A oggi, oltre un miliardo di persone, in tutto il mondo, vive nelle baraccopoli – un terzo di queste proprio negli slum dell’Africa subsahariana – e si prevede che, nel 2020, il numero di abitanti sarà circa di un miliardo e mezzo. Soltanto negli slum di Nairobi, abitano due milioni di persone che non hanno energia elettrica né rete fognaria o acqua potabile; appena il 5% dei bambini va a scuola. «Se Gesù nascesse oggi – commenta Arnoldo Mosca Mondadori, che ha ideato il progetto insieme all’artista Giovanni Manfredini – forse nascerebbe in una baraccopoli. Vorremmo che questo pastorale girasse il mondo, come testimonianza nei confronti di questo dramma della nostra contemporaneità».

19 ottobre 2016