Dalla “Deus caritas est” un antidoto all’esaltazione dell’odio

Dibattito nei 10 anni dell’ enciclica di Benedetto XVI. Il presidente emerito Napolitano: «Abbiamo bisogno della Chiesa, della predicazione dell’amore»

Nei 10 anni della prima enciclica di Benedetto XVI, dibattito alla Lateranense. Il presidente emerito Napolitano: «Abbiamo bisogno della Chiesa, della predicazione dell’amore»

Dieci anni fa usciva la prima enciclica di Benedetto XVI, la “Deus caritas est”. Un importante anniversario che si è voluto ricordare, venerdì 20 novembre, alla Pontificia Università Lateranense di Roma con una tavola rotonda a cui hanno preso parte il cardinale Angelo Scola, che dell’ateneo è stato Rettore magnifico dal 1995 al 2002, il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, il vescovo di Faenza – Modigliana monsignor Mario Toso e il direttore del Corriere della sera Luciano Fontana. Un’iniziativa promossa dall’Istituto Patristico Augustinianum con la collaborazione della Fondazione Ratzinger, da cui è emersa «l’incredibile attualità del testo pontificio», tanto che in esso, spiega Napolitano, è racchiuso «un messaggio che merita di essere rilanciato nel dibattito pubblico», come antidoto alla «tremenda esaltazione dell’odio a cui assistiamo, per cui al nome di Dio viene collegato addirittura il dovere della vendetta». Il merito dell’enciclica – che strutturalmente è divisa in due parti, una dedicata al concetto di amore, e l’altra a quello di giustizia – sta nel aver ribadito il principio della separazione tra Stato e Chiesa, da un lato, e la cooperazione di entrambi al bene comune, dall’altro. «La prima volta che sono stato chiamato a giurare da presidente della Repubblica sottolineai il ruolo sociale e anche politico della Chiesa, di cui abbiamo bisogno». Il nostro sistema educativo e le istituzioni, da sole, non riescono «a risanare» questa piaga aberrante del terrore: «Abbiamo bisogno dell’aiuto che può venire dalla Chiesa, come predicazione dell’amore».

Sulla distinzione tra potere religioso e politico si sofferma anche monsignor Toso. «Nell’enciclica, il Papa emerito pone l’accento su due aspetti – spiega il vescovo -. Il primo: il riconoscimento che lo stato di diritto è compito della politica e la giustizia ne è la misura. Il secondo: l’amore sarà sempre necessario anche nella società più giusta». Punta poi il dito contro «il capitalismo finanziario che ci sta distruggendo lo stato sociale, finendo con l’essere ragione di ulteriori conflitti». Mentre gli altri due «ostacoli alla costruzione di uno stato democratico e sociale sono la svalutazione del lavoro produttivo e artigianale, che toglie all’uomo un titolo di partecipazione», e «l’assenza di una politica fiscale equa. Se non si sconfigge questa cultura dominante, conclude Toso, sarà difficile una democrazia inclusiva, l’unica che può contrastare l’odio innescato». «Un fenomeno epocale, quest’ultimo, di cui parleremo ancora nei prossimi anni – sottolinea Fontana – perché cambierà le geografie e i nostri stili di vita». Non è allora secondario tornare a parlare dei propri valori, in cui essere saldi, «pur nell’esercizio dell’accoglienza e della tolleranza».

«Una delle debolezze più marcate nel pianeta opulento è lo stacco tra l’esistenza del singolo e la sua appartenenza al popolo e anche alla Chiesa», è la riflessione del cardinale Scola. Una evoluzione «in chiave individualistica» che si trascina dietro, impoverendoli, il senso del diritto e la capacità del gratuito. «Avere messo a tema l’amore contro la ricerca sistematica della violenza, partendo da una concezione unitaria di eros e agape, di giustizia e amore, è allora il contributo fondamentale dell’enciclica». Infine, un pensiero ai tragici eventi di Parigi, vittima della furia omicida degli jihadisti. Il porporato ricorda le parole dell’omelia del cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, nella Messa dedicata alle vittime dell’attentato del 13 novembre. «Com’è possibile che giovani formati nelle nostre scuole e nelle nostre città possono conoscere un disagio tale che il fantasma del califfato e la sua violenza morale e sociale possano rappresentare un ideale per cui dare la vita?». Dov’è finita, conclude Scola, «la ricerca di senso, in Europa?». Per i cristiani non è così: «Per noi è Gesù Cristo la fonte d’amore, colui che ci ha amato per primo e ci ama in ogni istante come se fosse l’ultimo istante».

23 novembre 2015