Riposo e misericordia. «Per chi è il sabato?»

L’uomo giusto usa il tempo del “settimo giorno” per rigenerare e confermare la vita, guardando negli occhi e tenendo per mano chi ama

 

L’uomo giusto usa il tempo del “settimo giorno” per rigenerare e confermare la vita, guardando negli occhi e tenendo per mano chi ama

Riposare, fermarsi, sospendere le attività, prendere del tempo ordinario e farne un tempo straordinario per se e per chi si ama non è un bisogno, né un diritto, né un dovere, è un atto divino! (Gn 2,3) Posta questa premessa è importante capire che il legame tra la misericordia divina e gli atti stessi di Dio non possono scindersi: Dio non sarebbe il “Misericordioso” se spendesse misericordia solo in alcune azioni ed in altre no. Quindi c’è un aspetto della misericordia che non solo è intimamente insito nell’atto del riposo di Dio ma anche nel comando che Dio da agli uomini di riposarsi.

Abbiamo già parlato del tempo come misericordia, ma il riposo, l’interruzione dalle attività ordinarie, non può essere ridotto solo a “un tempo”, esso deve fare necessariamente riferimento a un’occasione, un’opportunità, un ritmo vitale che, anche se racchiuso in un tempo, non può e non deve mai essere ridotto ad esso. L’importanza di ciò è inscritta nella necessità che Dio stesso esprime nel settimo giorno, necessità di astenersi dalle sue opere, prendersi il riposo e benedire quel giorno stesso che, in questo modo, diventa il vertice, il senso, il compimento della creazione stessa. Possiamo tranquillamente dire che se non esistesse il riposo, non potrebbe neanche esistere la Creazione, senza il giorno benedetto non esisterebbe neanche la benedizione dei giorni, il compimento di ciò che è bello, buono e giusto (Gn 1,1-31; 2,1-3), di ciò che è sottratto alle tenebre del caos e prende forma nella Sapienza creativa.

Il settimo giorno è proprietà esclusiva di Dio (Gn 2,3), è messo sotto lo stesso mistero di Dio, dove il mistero non è – come molti credono erroneamente – ciò che non si può capire e si deve accettare così com’è, senza discutere, ma un fatto affidato ad una comprensione “alta” e “altra”, non afferrabile (possedere, prendere in pugno!) dalla sola ragione umana, offerto all’uomo e fruibile solo dalla sinfonia di tutte le facoltà umane, razionali e spirituali.

Per capire meglio cosa significa il “Mistero” che Dio offre agli uomini, dobbiamo riferirci a quel verbo greco μύω [myo] alla base della parola “mistero”. Tra i suo significati vuole indicare anche quel mugugnare a bocca chiusa del bambino piccolo in braccio a sua madre, quell’esprimere in una lingua sconosciuta, mugugnante ( quei “mm mu … mm” del neonato) di fronte ciò che affascina (la mamma) e piace (l’essere allattati e protetti), ma che egli non può esprimere a parole solo per la mancanza della facoltà di poter parlare. Il bambino vuole comunque esprimere qualcosa per comunicare l’estasi, la bontà, a cui è sottoposto e non ha altro mezzo che mugugnare, balbettare in quella maniera particolare. Per questo possiamo dire che tutti i bambini piccoli (e noi lo siamo stati tutti ed in un certo senso lo siamo ancora) sanno e conoscono la loro madre ma non possono dirlo, e non poter parlare (μύω-myo fa riferimento proprio a questa impossibilità di aprire la bocca) non vuol dire affatto non aver capito o non poter capire, e come i bambini esprimono la loro estasi, il loro compiacimento, di fronte a quello che capiscono essere buono e bello, così la dimensione del Mistero divino rappresenta per i grandi ciò che si comprende nel compiacimento, buono, bello e importante, anche se di fronte ad esso si può solo tenere la bocca chiusa perché non ci sono parole per esprimerlo!

Ogni mistero che Dio offre agli uomini è da intendersi proprio così, compreso il mistero del riposo, non solo di Dio ma anche del nostro. Anche se il comando dello shabbat (il riposo del sabato) per il popolo ebraico arriva come tale nell’Esodo (Es 20,8-10; Es 31,15), di cui il racconto della creazione è in qualche modo l’introduzione, dobbiamo pensare seriamente che in questo comandamento Dio offra agli uomini un mistero profondo, bello, buono, importante, talmente importante che fa riferimento al mistero di quelle viscere che amano di misericordia infinita ed offrono all’uomo stesso l’occasione di godere di quest’amore e praticarlo con Dio stesso e con chi gli è più vicino.

Se lo shabbat è ancora oggi una delle ossature che permettono al popolo ebraico di mantenersi belli ritti in piedi come popolo (Dt 5,15), per noi cristiani, popolo della risurrezione e della rivelazione di Dio in Cristo, il riposo assume, o dovrebbe assumere, sempre le tinte chiare e confortanti della totale e definitiva Misericordia di Dio. Se Dio lega il suo popolo con un precetto in un giorno preciso e da Lui benedetto (lo shabbat), il giorno della sua definitiva manifestazione misericordiosa nella risurrezione (la Domenica! Mc 16,2) dovrebbe ancora di più legare, nell’amore, Dio al suo popolo (la Chiesa) e il popolo fra di loro.

La rivelazione definitiva di Dio in Cristo porta anche chiarezza profonda sui malintesi fra Dio e gli uomini. Questi malintesi riguardano sempre una visione sbagliata di Dio, e una sclerosi dell’amore verso leggi e imposizioni che nulla hanno a che vedere con l’Amore di Dio. La riflessione che Gesù getta sul senso del sabato, del giorno del riposo, è illuminante (Mc 2,27-28)! Quell’umanità negata e sfigurata (dai farisei e dottori della legge) nel comando del giorno di riposo, sono l’indice inequivocabile della mancanza di Misericordia di cui nessun comando o legge divina può mancare, e quindi negazione della validità divina del comando stesso. Gesù riporta il sabato alla misericordia di Dio, misericordia che sempre si rivolge ai suoi figli, per cui lo spazio del riposo diventa di nuovo immagine della creazione stessa. Il sabato è per l’uomo, e noi cristiani, con qualche ragione in più, dovremmo dirlo della Domenica, non per dovere, tradizione o comandamento, ma per amore riconoscente di quella Misericordia che si offre a noi senza riserve e ci porta dritti nella sua stessa vita.

Ovviamente una riflessione sulla misericordia non servirebbe a nulla se non vi trovassimo le logiche dell’uomo giusto, ossia dell’uomo che cosciente di essere oggetto dell’amore misericordioso di Dio vuole fare altrettanto agli altri. L’uomo giusto, anche nel dono del riposo, sa bene che Dio lo ama e sa che in quel dono c’è un segreto per ri-amare Dio e gli altri uomini. L’uomo giusto sa riposare con gli altri perché in questo modo li ama. L’uomo giusto riflette e considera, nel tempo del riposo, tutte le meraviglie che Dio gli ha offerto trovandovi motivi sempre nuovi per amare Dio. L’uomo giusto usa il suo riposo per rigenerare e confermare la vita, guardando negli occhi e tenendo per mano chi ama. L’uomo giusto sa che c’è sempre qualcuno da confortare e sorreggere col suo riposo e che ci saranno sempre ragioni belle, buone e grandi per riposare ancora.

Nonostante le nostre difficoltà a capire l’Amore divino rimane un dovere d’amore, per tutti, pensare che tutti possano incontrare la sua totale Misericordia in un tempo/spazio che Dio stesso sceglie, il tempo/spazio del riposo, il tempo della riflessione, dell’astensione dal “mio” e dell’incontro del “noi” e noi con “Lui”. Un giorno che forse non capiremo fino in fondo, ed in cui faremo fatica ad interrompere i nostri interessi e i nostri pensieri, i nostri progetti, ma che è e sarà sempre un giorno in cui viene a noi il dono di poter vivere la verità dei rapporti con Dio e fra di noi, verità che non è obbligo ma proposta, non uno spazio da riempire con quello che ci piace ma con quello che ci fa bene, a contatto con l’origine del perché siamo quello che siamo, perché siamo figli, figli amati e desiderati, gli unici esseri in una meravigliosa creazione in grado di capirne e goderne il mistero profondo, a partire da noi stessi!

2 febbraio 2016