“Vita consacrata” è anzitutto vita

Nient’altro si può legare al Sacro, al Santo, al Dio datore di ogni vita se non la propria carne e il proprio sangue, per fare in modo che tutto ciò di cui è fatta la vita venga vissuto con Lui. Vita con-sacrata dunque, vita di Dio e vita dell’uomo insieme

«La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno» (At 4,32-35).

Riflettendo sulla vita consacrata sento di non poter omettere un dettaglio in realtà affatto marginale: vita consacrata è prima di tutto vita. Nel suo significato più profondo, se possibile più radicale la vita è la forza, il desiderio, l’energia che ci dà la capacità di camminare, costruire, mettere al mondo, custodire, generare. Non soltanto, la vita è anche la storia, l’accadere delle relazioni e dei fatti che intrecciano l’ordito della sua esistenza e in un lento lavoro ne costituiscono una trama fatta di gioia e tristezza, angosce, fatiche e speranze. Ogni consacrata o consacrato, dunque, è una persona viva che sta ascoltando dentro di sé il grido della vita che chiede di essere gustata, apprezzata, promossa, curata, guarita, educata, amata, benedetta, accompagnata… Dare ascolto ed insieme dare voce a questo grido è il compito corale di tutta la Chiesa, svolto in maniera eminente da tutte le congregazioni di vita consacrata, dai monasteri di vita contemplativa e da tutti coloro che legano la loro vita al Vangelo di Gesù.

 Vita consacrata è anzitutto vita perché nient’altro si può legare al Sacro, al Santo al Dio datore di ogni vita se non la propria carne e il proprio sangue, affetti, emozioni, intenzioni, opere, desideri, pensieri per fare in modo che tutto ciò di cui è fatta la vita venga vissuto con Lui. Vita con-sacrata dunque, vita di Dio e vita dell’uomo insieme. Vita con Dio, con il Signore, vita con la sua Sorgente, possibile semplicemente perché ce lo ha insegnato Gesù, perché il Vangelo è la forma di vita storicamente possibile incarnata dal Dio-con-noi per insegnare all’uomo la vera umanità (Gaudium et Spes 22). A questa novità di vita i consigli evangelici, l’obbedienza, la povertà e la castità offrono un orientamento preciso perché la vita – di tutti i battezzati – sia veramente consacrata, vissuta in Dio e con Dio non per una qualche strana idea di perfezione personale ma come direzione di un percorso condiviso, perché non è bene che l’uomo sia solo (Gen 2,8) tutti siamo fatti per vivere insieme.

«Come è buono e giocondo che i fratelli vivano nell’unità! Da questa armonia sono stati destati quei fratelli che maturarono il desiderio di vivere nell’unità» (Agostino, Commento al salmo 132). Vivere insieme, costruire comunità fraterne capaci di destare la fede nel cuore degli uomini è quanto accade fin dall’inizio, fin da quando le comunità dei credenti riunite attorno alla Parola e all’Eucarestia sono lo strumento per mezzo del quale il Signore raduna nell’unità coloro che lo riconoscono (At 2,47) ed anche se da subito la divisione si insidia nella Chiesa (1Cor 11,18), da principio non fu così. È proprio questa buona notizia, la possibilità di costruire la comunione nella differenza, la capacità che è opera dello Spirito di vivere oltrepassando la divisione e la discordia, di crescere in quelle relazioni di amicizia veramente umane capaci di dissenso e di franchezza che diventa annuncio di speranza e possibilità di nuova evangelizzazione per gli uomini e le donne del nostro tempo. «Non lasciatevi rubare la gioia dell’amore fraterno» è l’invito di papa Francesco nella sua ultima lettera enciclica (Evangelii Gaudium 101) amarsi gli uni gli altri è l’unico comandamento di Gesù, quello nuovo (Gv 13,34) affidato a tutti i suoi discepoli perché possano essere riconosciuti come veramente suoi (Gv 13,35).

17 dicembre 2014