A Gaza si prepara uno «scenario ancora più infernale»
L’allarme lanciato da Iacomini (Unicef Italia): «Le operazioni umanitaria potrebbero non bastare per rispondere alle necessità». ActionAid: «Nella Striscia nessun logo è sicuro». L’appello per un cessate il fuoco permanente
«Siamo davvero preoccupati nell’apprendere dai nostri operatori sul campo che a Gaza nelle prossime ore sta per verificarsi uno scenario ancora più infernale rispetto a quello dei passati giorni, in cui le operazioni umanitarie potrebbero non essere in grado di rispondere alle estreme necessità». Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, lancia l’allarme, soprattutto per la condizione di «tante bambine e bambini inermi rispetto a questa guerra. Ribadiamo come Unicef – aggiunge – la richiesta di cessate il fuoco immediato e che si ponga fine a questa immensa sofferenza».
Il medesimo appello per un cessate il fuoco permanente arriva da ActionAid, che in una nota diffusa ieri mattina, 5 dicembre, fa il punto sulla situazione delle tante persone che si sono rifugiate a Khan Younis, nel Sud di Gaza, e si trovano ora di fronte all’impossibile decisione di evacuare ancora una volta o di rischiare di morire o rimanere feriti rimanendo in città. Stando ai dati dell’Ufficio per gli affari umanitari delle Nazioni Unite (Unocha), «circa il 75% della popolazione di Gaza (pari a 1,8 milioni di persone) è sfollata all’interno del Paese, e la maggior parte si è recata nel Sud della Striscia dopo aver ricevuto l’ordine di evacuare il Nord – si legge nel testo -. Era stato detto loro che il Sud sarebbe stato sicuro, ma anche prima dell’intensificarsi degli attacchi nel fine settimana la regione era già stata duramente colpita. È chiaro: nessun luogo di Gaza è sicuro».
Da ActionAid ricordano che l’esercito israeliano ha emesso ordini di evacuazione per un’area che copre il 20% della città di Khan Younis, che ospitava 117mila persone prima della crisi e che ora ospita altri 50mila sfollati dislocati in 21 rifugi. «Coloro che scelgono di partire rischiano un viaggio pericoloso, senza alcuna garanzia di essere protetti e con la sola prospettiva di condizioni ancora più sovraffollate e insalubri a destinazione». Come è successo a Yara, madre e operatrice umanitaria, già stata sfollata 6 volte dalla sua casa nel Nord di Gaza. «Oggi corro da un posto all’altro – racconta agli operatori dell’organizzazione -. Sono stata sfollata sei volte, cercando di proteggere i miei figli dalla morte che ci segue ovunque. Sono sfollata a Sud perché dicevano che era più sicuro. Purtroppo, i bombardamenti hanno colpito anche noi, anche durante il viaggio in auto. È stato un viaggio di morte. I bombardamenti ci circondavano, non potevamo crederci».
Le persone rifugiate a Sud vivono già in condizioni quasi impossibili senza acqua, cibo o vestiti caldi e con infrastrutture vitali sull’orlo del collasso. «Ammassare ancora più persone in un’area ancora più piccola non farà che aumentare la loro miseria e causerà un disastro umanitario ancora più grave», avverte ActionAid. Oltretutto, solo una quantità molto limitata di aiuti è entrata a Gaza da quando la pausa temporanea delle ostilità è terminata. A Khan Younis, in particolare, la distribuzione degli aiuti è stata per lo più interrotta domenica 3 dicembre, a causa dei pesanti bombardamenti. «È una tragedia – afferma Wala, giovane volontaria di ActionAid Palestina -. Se sei stato abbastanza fortunato da arrivare nei campi, vivrai in una tenda che non ti riparerà dal caldo del giorno, né dal freddo della notte. Migliaia di sfollati senza nulla. Niente cibo, niente acqua. Niente per coprirsi, niente di niente. Quindi, se non li ucciderà il bombardamento, lo faranno molte altre cose: il freddo, la fame, la sete o semplicemente l’orribile realtà che stiamo vivendo».
Le persone che si rifugiano a Khan Younis e, in generale, al Sud «stanno ancora una volta cercando di sopravvivere ai bombardamenti incessanti, vivendo in condizioni disperate – riflette Riham Jafari, coordinatrice delle attività di advocacy e comunicazione di ActionAid Palestina -. Ora ci si aspetta che si spostino, di nuovo. Dove dovrebbero andare? Come possono credere che a Gaza ci sia un posto sicuro? Finché le bombe non smetteranno di cadere e non si raggiungerà un cessate il fuoco, a Gaza non ci potranno essere né vere vie di fuga né vere zone sicure. La sua gente ha già sopportato molto, troppo: ha disperatamente bisogno di un cessate il fuoco permanente, ora».
6 dicembre 2023