All’Auditorium una serata per Luigi Tenco

L’iniziativa in ricordo del cantante a 40 anni dalla scomparsa. Sul palco Gino Paoli e Ada Montellanico di Concita De Simone

«Il tempo veloce passò su favole appena iniziate», cantava Luigi Tenco nel 1962. Sono trascorsi i decenni, ma il pathos delle sue interpretazioni è ancora vivo a quarant’anni dalla sua tragica scomparsa: era il 27 gennaio 1967 quando fu trovato morto suicida in una stanza dell’Hotel Savoy di Sanremo, pare, per l’esclusione dalla gara con la canzone “Ciao, amore, ciao”. Per questo, la Capitale gli rende omaggio con una serata-evento tra musica, racconti e ricordi. La manifestazione, voluta dall’assessorato alle Politiche culturali del Comune e dalla Fondazione Musica per Roma, avrà luogo martedì 23 gennaio presso l’Auditorium Parco della Musica. Sul palco della Sala Sinopoli saliranno il compagno di tanti sogni e tante nottate Gino Paoli (che ha 4 anni più di quanti ne avrebbe Luigi oggi) e la cantante Ada Montellanico accompagnata dal pianista Enrico Pieranunzi che, recentemente, hanno realizzato un progetto discografico proprio dedicato alle musiche di Tenco. Inoltre musicisti jazz d’eccezione suoneranno in ricordo di Tenco, tra cui il pianista Danilo Rea, il contrabbassista Rosario Bonaccorso e il batterista Roberto Gatto.

Il cantautore, genovese d’adozione, era un grande appassionato di jazz. Qui vanno infatti collocati i suoi esordi professionali (nel ’53 fondò la Jelly Roll Morton boys jazzband della quale faceva parte anche Bruno Lauzi). E il suo modello vocale è rimasto sempre Nat King Cole. Alle grandi canzoni del repertorio di Tenco si accompagneranno i ricordi e le testimonianze di ospiti e amici come Renzo Arbore, Enrico De Angelis, Aldo Fegatelli Colonna, Mimma Gaspari, Giancarlo Governi, Pietro Vivarelli. E ci sarà spazio per ricostruire filologicamente il viaggio artistico di Tenco utilizzando anche filmati, in parte inediti, che fanno parte dell’archivio Rai. Pare che anche durante il prossimo Festival di Sanremo il cantautore verrà ricordato in qualche modo. Intanto, ecco il ricordo di Enrico De Angelis, scrittore e giornalista, nonché responsabile artistico del Club Tenco – fondato a Sanremo nel 1972 da un gruppo di appassionati per promuovere e sostenere la cosiddetta “canzone d’autore”, ossia la canzone di qualità – che salirà sul palco martedì prossimo.

Tenco non amava definirsi un cantautore ma semplicemente un compositore. Che cosa ha lasciato alla musica italiana?
Effettivamente era tanto umile al punto che, all’inizio della sua carriera, non voleva neanche apparire sui dischi col proprio nome, usando lo pseudonimo Gigi Mai. Lo testimoniano diverse lettere al suo discografico, in cui Tenco lo implora di non usare il suo vero nome perché, scriveva, lui faceva l’università, studiava ingegneria e non voleva diventare famoso come cantante. Anzi, pensava fosse quasi disdicevole. L’eredità di Tenco, attivo, se pensiamo, nell’arco di soli 6 o 7 anni, è la commistione di tante influenze diverse, soprattutto con il jazz. Ed è stato anche tra i primi a lanciare la musica folk, che prenderà piede in Italia soltanto negli anni Settanta.

Ci sono ancora dei cantautori intensi come Tenco, secondo lei?
Tenco era davvero uno che sapeva entrare nelle pieghe più riposte dei sentimenti e cantare l’amore reale. Oggi lo fa chi è libero da regole commerciali, e sono pochi; si scrivono per lo più canzoni con frasi fatte, dettate da meccanismi di produzione. Lo stile di Tenco era anche quello di Paoli, Endrigo, Lauzi, eppure, mentre da una parte esplorava i sentimenti, dall’altra si guardava intorno per scrivere canzoni che tenevano conto della società circostante. Era una sorta di malinconico poeta dell’indagine sociale.

Quali sono le attività del Club Tenco per promuovere la musica d’autore?
L’iniziativa principale è la “Rassegna della canzone d’autore”, organizzata a Sanremo tra ottobre e novembre. Tre giorni di musica con quelli che riteniamo i migliori autori italiani ma anche stranieri, assegnando il Premio Tenco. Diamo spazio anche alle nuove leve, La rassegna è anche un’occasione di incontro e di amicizia fra artisti e operatori della musica per confrontarsi, discutere, in maniera molto rilassata e senza competitività, passando le serate a cantare tutti insieme.

Si può parlare ancora, secondo lei, di “scuole di cantautori”?
Lauzi diceva che la “scuola genovese” non è mai esistita; ma, sicuramente, ce l’hanno fatto credere, perché era una concentrazione così attiva e fraterna di talenti, a Genova, nei primi anni Sessanta, che sembrava davvero una scuola. Ma poi sono arrivate quelle di Milano, Roma, per non parlare di Napoli. Oggi la comunicazione è così veloce da superare le caratterizzazioni locali e le scuole si stanno disperdendo; ma a Roma noto che c’è un po’ uno stile comune. Ci sono omogeneità e comunanza di stile, che vuol dire che gli artisti tra loro si incontrano, si parlano, suonano insieme e questo è molto importante per la nostra musica.

19 gennaio 2007

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