Alle radici della crisi un’economia povera di regole
Anna Maria Tarantola, vice direttore generale della Banca d’Italia, fa il punto sul futuro della finanza e sul ruolo delle donne nello sviluppo della società. E per la famiglia auspica agevolazioni fiscali di Daniele Piccini
«Lo sviluppo non deve essere solo economico, ma a servizio della crescita integrale dell’uomo. La finanza non è il fine, ma uno strumento per realizzare progetti economici meritevoli». Dopo quarant’anni spesi alla Banca d’Italia, dall’assunzione nel 1971 presso l’Ufficio vigilanza della sede di Milano fino alla nomina a vicedirettore generale del gennaio 2009, Anna Maria Tarantola ha idee precise su cosa l’economia dovrebbe essere e sulle distorsioni di essa, che, negli anni, hanno provocato la crisi finanziaria attuale.
Nata a Casalpusterlengo nel 1945, laureata in Economia e commercio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Tarantola mercoledì 23 novembre è stata ospite, presso il museo Macro di Roma, di “Leader. Singolare femminile”, una serie di incontri organizzati da Enel per esplorare possibilità e ostacoli delle leadership al femminile.
Sembra infine arrivato il momento di tornare all’etica nella finanza.
Dobbiamo lavorare sulle regole, escogitare i giusti incentivi che guidino verso comportamenti onesti. Le regole non sono la soluzione di tutto ma certamente sono un passo in avanti. La crisi ha messo in evidenza che c’era carenza di regolamentazione: nel 2007, quando la crisi è scoppiata, l’economia mondiale era diretta da regole molto lasche. In questo campo è importante trovare le giuste sanzioni: deve diventare costoso per gli operatori non rispettare le regole.
In questo aiuta di più l’etica protestante del capitalismo o quella cattolica?
Io mi fido del banchiere bravo, indipendentemente dall’etica o dalla religione che professa. Gli operatori della finanza devono realizzare il loro profitto in modo sano e prudente, al netto del rischio. Ed è quello che dovrebbero fare anche i nostri leader: scegliere il bene di tutti con visioni di lungo periodo.
E le donne come possono contribuire a tutto questo?
La donna in generale è più prudente dell’uomo e più attenta a visioni di lungo periodo, e nel momento di crisi che stiamo vivendo c’è bisogno proprio di questo: prudenza e lungimiranza. Del resto è ormai dimostrato che se nei board dei consigli d’amministrazione entrano più donne, in un periodo di anni sufficientemente lungo si notano dei miglioramenti. Ecco, quando le aziende cominceranno a notare un aumento dei guadagni successivo all’inserimento di personale femminile, entrerà nella cultura imprenditoriale la scelta di puntare su team misti.
Ci sono però ancora molti ostacoli da superare .
Quando la donna è costretta a decidersi tra lavoro e famiglia sceglie quasi sempre la famiglia. Dovremmo creare un sistema che la renda libera di decidere. Le statistiche dicono infatti che oltre il 50% delle donne in carriera è single o non ha figli o è divorziata. Invece la donna dovrebbe poter fare carriera pur avendo una vita famigliare soddisfacente. Solo le grandi società possono permettersi asili nido aziendali, non certo i piccoli imprenditori che costituiscono la maggiore fetta dell’economia italiana. È necessario allora incentivare strutture pubbliche che vengano incontro alle esigenze delle donne, oppure favorire un cambio di mentalità. La Germania per esempio non ha molti asili nido. Le donne tedesche escono dal lavoro e seguono la crescita dei figli per i primi tre anni della loro vita. Al loro rientro nel mercato del lavoro trovano però grande capacità di reintegrazione.
Come vede la situazione del lavoro femminile in Italia?
In Italia partecipa al mondo del lavoro solo il 46% delle donne. Un Paese come il nostro che stenta a crescere dovrebbe invece attivarsi per incrementare quella percentuale. Intanto, dobbiamo diffondere di più la cultura della condivisione dell’azione genitoriale: il 72% dei lavori in casa viene ancora fatto dalle donne, mentre uomo e donna dovrebbero occuparsi insieme della cura della casa e dei figli. Tutto ciò deve accompagnarsi all’introduzione di agevolazioni fiscali per la famiglia.
24 novembre 2011