Benedetto XVI a Betlemme invoca «una pace giusta e durevole»
Terra Santa, la tappa nella città natale di Gesù. Il pensiero ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza: «Siate sicuri della mia solidarietà e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto». L’appello per uno stato palestinese di A. Z.
Il Papa in Terra Santa, l’infinita sorgente di Cristiana Dobner
Il Papa a Betlemme: un’altra icona emblematica del viaggio in Terra Santa. Dopo la Giordania, dopo Gerusalemme, dopo gli incontri nel segno del dialogo interreligioso. Ecco, mercoledì 13, la città natale di Gesù. «Il mio pellegrinaggio nelle terre della Bibbia non sarebbe stato completo senza una visita a Betlemme, la città di Davide e il luogo di nascita di Gesù Cristo». Così parla Benedetto XVI nella cerimonia di benvenuto al palazzo presidenziale di Betlemme. «So – aggiunge – quanto avete sofferto e continuate a soffrire a causa delle agitazioni che hanno afflitto questa terra per decine di anni». Oltre a manifestare vicinanza a quanti hanno piangono la perdita di familiari e di loro cari nelle ostilità e anche delle case, il Papa ha assicurato di implorare Dio per «una pace giusta e durevole, nei territori palestinesi e in tutta la regione».
«Signor presidente – afferma rivolgendosi a Mahmoud Abbas – la Santa Sede appoggia il diritto del suo popolo ad una sovrana patria palestinese nella terra dei vostri antenati, sicura e in pace con i suoi vicini, entro confini internazionalmente riconosciuti». Anche se al presente questo obiettivo sembra lontano , «incoraggio lei e tutto il suo popolo a tenere viva la fiamma della speranza, speranza che si possa trovare una via di incontro tra le legittime aspirazioni tanto degli israeliani quanto dei palestinesi alla pace e alla stabilità».
Nella a Messa a Betlemme, nella piazza della Mangiatoia, il pensiero del Papa va a coloro che provengono dalla Striscia di Gaza. «Il mio cuore si volge in maniera speciale ai pellegrini provenienti dalla martoriata Gaza a motivo della guerra: vi chiedo di portare alle vostre famiglie e comunità il mio caloroso abbraccio, le mie condoglianze per le perdite, le avversità e le sofferenze che avete dovuto sopportare. Siate sicuri della mia solidarietà con voi nell’immensa opera di ricostruzione che ora vi sta davanti e delle mie preghiere che l’embargo sia presto tolto».
Benedetto XVI sottolinea a vivere il messaggio di Betlemme, che invita ad essere «testimoni del trionfo dell’amore di Dio sull’odio, sull’egoismo, sulla paura e sul rancore che paralizzano i rapporti umani e creano divisione fra fratelli che dovrebbero vivere insieme in unità, distruzioni dove gli uomini dovrebbero edificare, disperazione dove la speranza dovrebbe fiorire!». Qui a Betlemme, osserva, «si chiede ai discepoli di Cristo una speciale perseveranza: perseveranza nel testimoniare fedelmente la gloria di Dio qui rivelata nella nascita del Figlio suo, la buona novella della sua pace che discese dal cielo per dimorare sulla terra».
Accorata è l’esortazione ai cristiani di Betlemme. «Adoperatevi con iniziative concrete per consolidare la vostra presenza e per offrire nuove possibilità a quanti sono tentati di partire. Siate un ponte di dialogo e di collaborazione costruttiva nell’edificare una cultura di pace che superi l’attuale stallo della paura, dell’aggressione e della frustrazione». E ancora: «Edificate le vostre Chiese locali facendo di esse laboratori di dialogo, di tolleranza e di speranza, come pure di solidarietà e di carità pratica».
«La vostra terra – sostiene il Pontefice – non ha bisogno soltanto di nuove strutture economiche e politiche, ma in modo più importante, potremmo dire, di una nuova infrastruttura “spirituale”, capace di galvanizzare le energie di tutti gli uomini e donne di buona volontà nel servizio dell’educazione, dello sviluppo e della promozione del bene comune».
Nel pomeriggio, il Santo Padre si reca a piedi a visitare la Grotta della Natività. Attraversata la chiesa di Santa Caterina, entra nella basilica della Natività e raggiunge la Grotta, dove si trattiene per un momento di preghiera personale. Quindi, la visita al “Caritas Baby Hospital”, un ospedale pediatrico fondato nel 1978 e sostenuto dall’associazione svizzera “Kinderhilfe Bethlehem”. Definisce la struttura «un’oasi quieta per i più vulnerabili» e «un faro di speranza circa la possibilità che l’amore ha di prevalere sull’odio e la pace sulla violenza». Una struttura che può contare 80 posti letto ed ogni anno accoglie, curando, migliaia di bambini di Betlemme e di tutta la Palestina da più di 50 anni.
Ma ecco un altro momento importante di questo pellegrinaggio in Terra Santa, la visita all’Aida Refugee Camp di Bethlehem, uno dei campi profughi nei Territori palestinesi, dove convivono musulmani e cristiani. Nel campo di pallacanestro della scuola femminile, dove avviene l’incontro, il Papa esprime la sua «solidarietà a tutti i palestinesi senza casa, che bramano di poter tornare ai luoghi natii, o di vivere permanentemente in una patria propria».
«A tutte le famiglie presenti in questo campo dico: non mancate di sostenere i vostri figli nei loro studi e nel coltivare i loro doni, così che non vi sia scarsità di personale ben formato per occupare nel futuro posizioni di responsabilità nella comunità palestinese. So che molte vostre famiglie sono divise – a causa di imprigionamento di membri della famiglia o di restrizioni alla libertà di movimento – e che molti tra voi hanno sperimentato perdite nel corso delle ostilità. Il mio cuore», continua il Santo Padre, «si unisce a quello di coloro che, per tale ragione, soffrono. Siate certi che tutti i profughi palestinesi nel mondo, specie quelli che hanno perso casa e persone care durante il recente conflitto di Gaza, sono costantemente ricordati nelle mie preghiere».
All’auspicio per la pace il Papa unisce il rammarico per l’erezione di muri come quello che incombe sul luogo dove si trova in visita. «Tutto il mondo desidera fortemente che sia spezzata questa spirale, anela a che la pace metta fine alle perenni ostilità. Incombente su di noi, mentre siamo qui riuniti questo pomeriggio, è la dura consapevolezza del punto morto a cui sembrano essere giunti i contatti tra Israeliani e Palestinesi – il muro».
«In un mondo in cui le frontiere vengono sempre più aperte – al commercio, ai viaggi, alla mobilità della gente, agli scambi culturali – è tragico vedere che vengono tuttora eretti dei muri. Quanto aspiriamo a vedere i frutti del ben più difficile compito di edificare la pace! Quanto ardentemente preghiamo perché finiscano le ostilità che hanno causato l’erezione di questo muro!».
«Da entrambe le parti del muro – sottolinea Benedetto XVI – è necessario grande coraggio per superare la paura e la sfiducia, se si vuole contrastare il bisogno di vendetta per perdite o ferimenti. Occorre magnanimità per ricercare la riconciliazione dopo anni di scontri armati. E tuttavia la storia ci insegna che la pace viene soltanto quando le parti in conflitto sono disposte ad andare oltre le recriminazioni e a lavorare insieme a fini comuni, prendendo sul serio gli interessi e le preoccupazioni degli altri e cercando decisamente di costruire un’atmosfera di fiducia. Deve esserci una determinazione ad intraprendere iniziative forti e creative per la riconciliazione».
14 maggio 2009