Dialogo ebraico-cristiano sulla “Quinta parola”
Lunedì 17 la Pontificia Università Lateranense ospita l’incontro con il Rav Di Segni e il vescovo Enrico Dal Covolo per celebrare l’annuale Giornata. Il tema: “Onora il padre e la madre” di Marco Gnavi
La celebrazione della Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo fra cattolici ed ebrei vedrà a convegno a Roma il Rav Riccardo di Segni e il vescovo Enrico Dal Covolo, sulla quinta delle Dieci Parole: «Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore tuo Dio, ti dà» (Es. 290,12; cfr. Dt. 16). Il 17 gennaio, alle ore 17.30, presso l’aula multimediale Pio XI della Pontificia Università Lateranense, si compirà così una nuova tappa del cammino che ha preso l’avvio raccogliendo la suggestione di Papa Benedetto XVI, durante la sua visita nella Sinagoga di Colonia nel 2005, e ribadita nel corso della sua visita al Tempio Maggiore di Roma, il 17 gennaio scorso, quando nel Decalogo indicò il «comune messaggio etico di valore perenne per Israele, la Chiesa, i non credenti e l’intera umanità».
Da allora, in continuità, certo, con il tradizionale appuntamento di riflessione, ma nella novità della pista indicata, il Rabbino Capo di Roma e numerosi relatori di parte cattolica, quali padre Francesco Rossi De Gasperis, monsignor Ambrogio Spreafico, padre Giovanbattista Pizzaballa, monsignor Vincenzo Paglia, si sono misurati con le prime quattro «parole», secondo il computo ebraico, differente da quello luterano – cattolico. La presente sessione, moderata da monsignor Benedetto Tuzia, presidente della Commissione diocesana per l’ecumenismo e il dialogo, si pone innanzi a un comandamento dalle ricadute essenziali per ogni comunità e per gli individui, ma anche pregnante per tutta la famiglia umana.
La sua collocazione all’interno del Decalogo, secondo antiche tradizioni già riportate da Filone d’Alessandria in epoca precristiana, sarebbe attestata non fra le «parole» che regolano i rapporti umani, ma fra quelle scritte sulla prima delle due tavole, quella che tratta i rapporti tra gli esseri umani e Dio. E come non mancano di sottolineare congiuntamente il presidente dell’Assemblea plenaria dei Rabbini italiani, Rav Elia Richetti, e il presidente della Commissione episcopale della Cei per l’ecumenismo e il dialogo, monsignor Mansueto Bianchi, «l’onore reso ai genitori e quello tributato a Dio e ai suoi comandamenti sono strettamente collegati, come sono intimamente connesse le relazioni con l’Eterno e con coloro che ci hanno trasmesso il dono della vita». Significativo a questo proposito ciò che il Talmud Babilonese ricorda: «I nostri rabbini insegnarono: ci sono tre partner nell’uomo, il Santo, sia Egli benedetto, il Padre e la madre. Quando qualcuno onora padre e madre, il Santo, sia Egli benedetto, dice: “Glielo accredito come se io stesso abitassi tra loro e fossi onorato tra loro”».
L’aspetto trascendente del comandamento, tanto forte per la stessa formulazione positiva, analoga a quello precedente riguardante l’osservanza del Sabato, ha un impatto enorme nella ricomposizione del rapporto fra le generazioni, sviscera la forza della visione ebraico-cristiana dell’uomo, ed esplicita la proposta antropologica che ne deriva in un mondo come il nostro che, al contrario, conosce fratture ed esorcismo della debolezza, fatica a ricevere eredità dal proprio passato e a costruire il futuro, e teme l’età anziana, mentre garantisce l’allungamento biologico della vita.
14 gennaio 2011