Disagio mentale, ancora sole le famiglie
La denuncia di esperti e associazioni a trentun anni dal varo della legge Basaglia. Quarantamila romani soffrono di seri disturbi psichici. Pochi posti letto, scarsi i finanziamenti di Massimo Angeli
Mario ha 55 anni e da 30 combatte con la malattia mentale. Anni fatti di sofferenze e di speranze spezzate, di ricoveri e di trattamenti sanitari obbligatori (Tso), di fughe e di solitudine. «Purtroppo c’è stato anche il carcere nella sua vita – racconta Antonella, l’amica di famiglia che i genitori hanno voluto si prendesse cura di Mario alla loro morte -. C’è finito per un’aggressione compiuta durante una crisi, ma neanche a Regina Coeli sono stati capaci di segnalare la sua storia al Cim (i vecchi centri di salute mentale) e Mario ha scontato per intero la sua pena». Antonella snocciola una lunga litania di negligenze, di servizi che non funzionano adeguatamente, di una burocrazia fredda e distante. «Dopo la morte della madre, Mario è diventato alcolista. Per i suoi problemi mentali dipende dal Centro di salute mentale, per quelli di alcolismo dal Sert, ma i due servizi, invece di collaborare, da anni si scaricano a vicenda le responsabilità». Mai preso in carico dalla struttura pubblica fino al 2005, nonostante sei trattamenti sanitari obbligatori, Mario vive oggi con Antonella, senza assistenza domiciliare e con 700 euro al mese tra pensione e accompagno.
In Italia si calcola che una persona su cinque abbia sofferto nella vita di disturbi mentali, dalle forme benigne a quelle serie. Solo nel Lazio i malati di depressione sono 500mila, di cui 100mila in forma grave, e sempre di depressione sono affetti 8 bambini su 100 al di sotto dei 10 anni. Per quanto riguarda i disturbi del comportamento alimentare, in Italia ne soffrono 2 milioni di ragazzi tra i 12 e i 25 anni. Nel Lazio il fenomeno interessa 30mila adolescenti, di cui 2.500 affetti da anoressia e 7.500 da bulimia nervosa. Una recente indagine della Sapienza dice, inoltre, che circa 40mila romani soffrono di seri disturbi psichici e che 10mila necessitano di cure ospedaliere.
«La quasi totalità di loro vive sulle spalle delle famiglie e nel silenzio delle istituzioni – denuncia Franco Previte, presidente dell’associazione Cristiani per Servire -. L’ultima relazione ministeriale in Parlamento è stata fatta nel 2005, e questo la dice lunga sull’interesse dei politici riguardo la malattia mentale». Tra le proposte dell’associazione per una migliore assistenza ai malati mentali, Previte avanza l’autorizzazione al trattamento obbligatorio anche in assenza del consenso del paziente; la realizzazione di strutture territoriali di riabilitazione di lunga durata; l’istituzione di servizi per rilevare precocemente disturbi in età evolutiva; la costituzione di un fondo per il «dopodinoi»; l’aumento delle pensioni di invalidità, ferme alla misera cifra di 255,13 euro al mese.
«Nel Lazio viviamo una situazione a macchia di leopardo – interviene Josè Mannu, psichiatra in una Asl di Roma e membro del Comitato medico scientifico della Fondazione Di Liegro -. Le Asl sono sottodimensionate, con il grave risultato di non riuscire a intercettare che il 10 per cento dei malati psichiatrici». Per fare qualche numero, Roma ha 0,49 posti letto ogni 10mila abitanti, mentre le indicazioni del Progetto Obiettivo (l’atto che individua gli indirizzi programmatici in tema di salute mentale) sono di un posto letto ogni 10mila abitanti. Nella Asl Roma B, con circa 800mila abitanti, i posti letto sono solo quelli del Pertini, che ne conta 15, mentre gli operatori sono appena 200, la metà dell’organico previsto. «Il problema della sanità mentale non è tanto quello di mettere mano alla legge 180, quanto di dotare il sistema dei giusti finanziamenti – continua Mannu -. I Tso non vengono fatti, non perché lo vieti la 180, ma perché non ci sono i posti letto dove farli. In Italia spendiamo per la salute mentale meno del 5 per cento del fondo sanitario, mentre nel resto d’Europa il 7,5».
«I principi di civiltà introdotti dalla legge Basaglia non possono essere negati, ma a 31 anni dalla sua emanazione, ha bisogno di un “tagliando” – spiega Tonino Cantelmi, presidente dell’associazione psicologi e psichiatri cattolici -. Per questo con altri colleghi abbiamo messo a punto una proposta di legge, primo firmatario l’onorevole Ciccioli, che aspetta di essere messa in calendario alla Commissione Affari sociali della Camera. Tra le novità: Tso ridisegnati sulle esigenze cliniche; la previsione di patti con il paziente per il proseguimento delle cure; un forte impulso alla residenzialità; agenzie regionali per il monitoraggio dei bisogni; centri di prossimità gestiti dal volontariato; finanziamenti certi».
12 maggio 2009