“Ecco” Niccolò Fabi in tour

Due tappe all’Auditorium della Conciliazione per presentare un disco collettivo, con sfumature soul e reggae. Undici pezzi da ascoltare senza distrazioni di Concita De Simone

Grande attesa per il ritorno in scena di Niccolò Fabi. Dopo la pubblicazione, in ottobre, del suo ultimo album, “Ecco”, il quarantaquattrenne romano all’Auditorium della Conciliazione il prossimo 1 febbraio, oppure il 20 marzo, data aggiunta causa esaurimento biglietti per la prima. Ogni volta che Niccolò fa un album nuovo, vien da pensare che sia “il più bello della sua carriera”. Per ora, la certezza è che ogni volta si concede con grande generosità e talento, in un crescendo di maturità artistica, musicale e vocale.
Realizzato insieme a Roberto Angelini, Gabriele Lazzarotti, Fabio Rondanini, Daniele “Mr Coffee” Rossi e Riccardo Parravicini, “Ecco” è stato registrato in tre settimane in Salento: un disco collettivo, con varie sfumature musicali, tra soul, ballate rock e sapori reggae, che si uniscono a testi accurati e profondi, per undici pezzi da ascoltare senza distrazioni. Una band preziosa lo accompagna anche nei concerti: Roberto Angelini, che apre le serate con lo showcase del nuovo disco “Phineas Gage”, l’ex Tiromancino Daniele Rossi alle tastiere e sintetizzatori, Fabio Rondanini alla batteria, Gabriele Lazzarotti al basso, e Pier Cortese alle chitarre ritmiche. Preziosa perché, più che altro, si tratta di suoi amici fedeli da sempre e il tour, come ci racconterà nell’intervista, sembra quasi “una vacanza”.

La tua poetica è fatta di brevi ma incisive parole. Da “Dica” a “Ecco”. Una scelta casuale?
Probabilmente no. Il mio punto di partenza sono sempre le parole, che diventano la chiave di accesso a una storia, a un mondo, a una sfumatura. Parto da quelle e non dai concetti. Non uso mai titoli lunghi, elaborati, perché quello che voglio dire è nelle canzoni.

Nel ritornello del tuo primo singolo, ripeti «Mi basterebbe essere padre di una buona idea». Oggi sembra avere tanti maestri con apparenti buone idee e pochi testimoni, non credi?
I maestri, in realtà, sono figure fondamentali, da quello di nuoto a quello di vita. Maestro è chi ti aiuta a fare un passo in più, ti dà una chiave per entrare nel quadro successivo. Chi sa essere autorevole e non autoritario. Oggi, invece, ci sono tanti imbonitori.

La frase corale di Io “No, non è un mestiere mio/ assomigliare a Dio/ per quanto bella sia l’idea/ si, si chiama egomania/ la nuova malattia/ di questa società dell’io” sembra proprio un manifesto di pensiero.
In realtà forse manifesto no, ma è sicuramente una sfumatura evidente della società contemporanea. Tra stornello e folk da banda, resta comunque una canzone. E le canzoni vanno smitizzate, non sono trattati di sociologia. Certo, il bello delle canzoni è soffermarsi sul significato delle parole, ma non bisogna essere pretenziosi. La mia non è umiltà, ma realismo. Le canzoni sono come fiammiferi che danno luce sulle cose, ma hanno un tempo limitato.

Una delle canzoni più significative dell’album è “Indipendente”, sull’illusorio senso di libertà di cui sembra ci sia bisogno oggi. Ma nessun uomo è un’isola…
È una parola che sento pronunciare spesso in ambiti diversi e ha tantissimi potenziali di contenuti. Indipendenza come libertà, auto-determinazione, ricerca d’identità che non passi dal desiderio di gratificare le nostre attese o quelle proiettate su di noi. Diventa strumentale il suo utilizzo. Ad esempio, nell’ambito di coppia, l’affermazione della propria indipendenza mi sembra una scusa per non ascoltarsi. Stare insieme è un impegno che comporta il saper fare un passo indietro rispetto alla propria affermazione personale. In ambito musicale, vien da pensare alla contrapposizione tra produzioni indie e major come se l’etichetta potesse garantire la qualità della tua musica. Il paradosso dell’indie è che provoca una dipendenza dall’indipendenza. E allora l’indipendenza diventa ideologia.

Ma a chi mira l’arciere nella copertina di “Ecco”?
Non c’è un bersaglio, ma bisogna focalizzarsi sul gesto. Tendere l’arco è un mettersi nuovamente alla prova, sperimentare. Non si tende solo qualcosa, ma anche a qualcosa, è un atteggiamento positivo.

Tu con le parole hai una certa confidenza e questa confidenza si rispecchia nel tuo modo di proporle a chi ascolta. Merito anche delle persone che ti stanno accanto?
L’amicizia rende la tournée un momento anche extra-musicale, quasi una vacanza con gli amici. Trovo che sia una componente importante dell’esperienza. Suonare e andare in giro con le persone con cui abitualmente vado a mangiare la pizza, rende tutto più arricchente. Poi il tour sta andando molto bene, il disco anche, pur non essendo un tipo che fa troppa promozione. Vuol dire che ormai, do sufficienti garanzie di affidabilità e la cosa non mi dispiace.

Sei abituato alla condivisione, anche attraverso i social network.
Mi piace condividere e sono personalmente io a gestire le mie pagine. Se non fosse così, vanificherei la componente umana della condivisione, legata proprio alle persone e sarebbe un autogol. Però ho molto rispetto per le mie cose private e guai a chi ci entra. Ho un tono colloquiale, ma non sopporto gli invasati da Twitter e il loro delirio del privato. Perché dovremmo leggere quelle cose, tipo «Stasera ho mangiato la pizza con i funghi»? Le canzoni non sono le telefonate che fai agli amici, ma un modo per raccontare delle storie. È un livello diverso di confidenza.

18 gennaio 2012

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