Giovanni Paolo II: un percorso di santità

Monsignor Slawomir Oder e il neurologo Carlo Jovine hanno raccontato il processo di canonizzazione. Il cardinale Camillo Ruini: «Woytjla legatissimo alle parrocchie romane» di Elisa Storace

«Nell’ottobre del ’78, parlando dal santuario mariano della Mentorella in occasione della sua prima uscita ufficiale da Roma come Pontefice, ebbe a dire che la preghiera è il primo compito e quasi il primo annuncio del Papa, così come è la prima condizione del suo servizio nella Chiesa e nel mondo. Io credo che in questo respiro spontaneo dell’anima di Giovanni Paolo II fosse principalmente il segreto della sua continua donazione». Così il cardinale Camillo Ruini, vicario della diocesi di Roma per 17 anni, ha introdotto l’argomento dell’incontro, in preparazione alla canonizzazione, «Giovanni Paolo II: un percorso di santità», tenutosi il 27 marzo nella chiesa di Santa Maria Immacolata e San Giuseppe Benedetto Labre e organizzato dall’associazione Res Magnae.

Riferendo della sua esperienza a fianco del Papa come cardinale vicario, il porporato ha ricordato che la spiritualità di Wojtyla «trovava il suo perno grandioso sulla gratuità del misericordioso amore di Dio» nonché la volontà del Pontefice di prediligere sempre il rapporto diretto con le persone, con una stretta di mano, con una carezza, con un abbraccio. «La visita alle parrocchie romane è stata un filo rosso lungo tutto il suo pontificato – ha notato il cardinale Ruini -. Ricordo che negli ultimi anni, quando le forze non gli consentivano più di recarsi personalmente dai suoi fedeli, continuava ugualmente a chiedermi “Quando visitiamo le parrocchie?”, e, quando una volta monsignor Stanislao Dziwisz cercò di rassicurarlo dicendogli che comunque le visitavo io, lui esclamò: “Ma il vescovo di Roma sono io!”, a testimonianza della sua immutata volontà di portare Dio a quel gregge che tanto amava e che tanto lo ha amato».

Un rapporto diretto con le persone che trova eco nelle parole di Carlo Jovine, primario neurologo componente della commissione che ha sancito l’inspiegabilità scientifica della guarigione di suor Marie Simon Pierre Normand dal morbo di Parkinson, miracolo ufficialmente attribuito a Giovanni Paolo II. «Durante il Giubileo del 2000 – racconta Jovine – guidai in udienza una delegazione di scrittori e artisti. Saputo che ero un medico, Wojtyla pronunciò una frase che allora non capii: “Avrò bisogno di lei” mi disse, e quando mi schermii lo ripeté di nuovo. Dieci anni dopo, quando fui chiamato a far parte della consulta che avrebbe dovuto pronunciarsi in merito alla sua beatificazione, quelle parole mi tornarono improvvisamente alla mente, con grande commozione».

Monsignor Slawomir Oder, spiegando il suo ruolo di postulatore della Causa di canonizzazione si è quindi soffermato sull’importanza delle testimonianze: «Parlare di un santo si può all’infinito e Giovanni Paolo II potrebbe essere raccontato da ognuno di noi attraverso quello che ha fatto nella nostra vita. Proprio per questo – ha proseguito – quella del postulatore è una posizione del tutto particolare, come di chi guardi lo splendore di un diamante: ogni sfaccettatura, ogni deposizione sulla vita e le virtù eroiche del santo rimanda una luce diversa, luci che si riuniscono nell’occhio di chi guarda proprio come il postulatore deve essere capace di riunire le tante testimonianze di santità».

Per Giovanni Paolo II sono state 122 le persone che, a vario titolo, hanno reso testimonianza, fra cui anche ventisette laici, sei capi di Stato, tre cristiani non cattolici e un ebreo. «Nell’ufficio del postulatore ci sono 14 o 15 scatole piene di lettere di fedeli da tutto il mondo che riferiscono di grazie ottenute per sua intercessione – ha raccontato padre Boguslaw Turek, sottosegretario della Congregazione delle Cause dei Santi -, e in questo senso certamente il “grido del popolo di Dio”, espressione genuina della diffusa fama di santità di Wojtyla, è stata ascoltato.

Ma più ancora – ha tenuto a precisare – è stato legittimato dal magistero pontificio dopo un’accurata analisi: subito dopo la sua morte la folla, riunita in piazza San Pietro, ha cominciato a scandire il famoso “Santo subito!”, ma la millenaria prudenza della Chiesa ha suggerito di seguire scrupolosamente le norme, e oggi, dopo nove anni, la vox populi trova conferma nella vox Ecclesiae, grazie alle indagini che hanno dimostrato, forte e inequivocabile, anche la vox Dei sulla sua santità».

28 marzo 2014

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