Il cardinale Vallini: bisogna promuovere la cultura della vita

Intervista al porporato dopo il caso, denunciato da Avvenire, di una donna indirizzata all’aborto. «Ogni madre dovrebbe trovare assistenza adeguata» di Angelo Zema

Una donna al terzo mese di gravidanza, abbandonata dal compagno, senza lavoro, in grave disagio economico, chiede aiuto ad un’assistente sociale di un Municipio romano, e anziché ricevere il sostegno che avrebbe sperato si sente rivolgere l’invito di pensare all’interruzione della gravidanza. Evitata poi grazie all’intervento di un centro di aiuto alla vita. Questa la denuncia della donna ad Avvenire, che ha portato il caso all’attenzione dell’opinione pubblica sul numero di mercoledì scorso (1 settembre 2010). Una vicenda che desta preoccupazione, senza dimenticare certamente la promessa di un alloggio provvisorio per lei e anche il fatto che i Municipi non possono offrire fondi se il bambino non è ancora nato. Ne parliamo con il cardinale vicario Agostino Vallini, che ha più volte ribadito la necessità di promuovere una rinnovata cultura della vita.

Cosa prova di fronte a questa vicenda messa in luce da Avvenire?
Senz’altro turbamento e amarezza, se le cose stanno come la donna le ha raccontate. Ogni donna che aspetta un bambino, ogni madre dovrebbe trovare assistenza adeguata, una presenza amica quando si reca in un consultorio o presso strutture di consulenza o assistenza delle istituzioni locali. La fragilità che queste donne vivono in certi momenti, specialmente se provate da ulteriori problemi di disagio sociale ed economico, deve essere accolta con un ascolto attento e con risposte che possano rappresentare un sostegno concreto. Del resto, sono convinto che molti operatori sociali che lavorano nelle strutture pubbliche aiutano la vita, prendono a cuore situazioni, fanno come possono.

Secondo quanto riportato da Avvenire, al Dipartimento per i Servizi sociali del Municipio cui la donna si era rivolta non conoscevano Centri di aiuto alla vita. Eppure c’è una rete di strutture impegnata da anni sul territorio.
La Chiesa di Roma, per situazioni come queste, può offrire le proprie realtà di aiuto alla vita, dai consultori familiari cattolici al Segretariato Sociale per la Vita, che ha sede nella parrocchia di San Valentino e da più di 20 anni aiuta le mamme in difficoltà, fino al Progetto Gemma del Movimento per la Vita, che sostiene concretamente le mamme per 18 mesi. Senza contare le altre realtà meritorie che in diversi modi sono impegnate su questo fronte della tutela della vita nascente. Senza dubbio bisogna favorire la conoscenza reciproca e lavorare insieme alle strutture pubbliche, ognuno nel proprio ambito di competenza, con l’obiettivo di tutelare la vita umana. Già ci sono occasioni in cui la collaborazione è fruttuosa, con piena soddisfazione da entrambe le parti.

Il caso segnalato è l’occasione anche per riflettere sul sostegno delle istituzioni alla maternità. Secondo lei si può fare di più?
Come ha più volte ricordato il Santo Padre Benedetto XVI, anche nei suoi incontri con i rappresentanti delle amministrazioni locali di Roma e del Lazio, è necessario incrementare l’attenzione e l’impegno per la tutela della vita umana nascente. È importante aver cura che le gestanti in condizioni di difficoltà possano usufruire di aiuti concreti. Mi permetto di incoraggiare il Comune, già impegnato in una serie di aiuti per le mamme, e le altre amministrazioni locali, ad attivare ogni sforzo in questo senso, intensificando anche il sostegno alle madri nubili. La crisi economica che stiamo vivendo, che crea problemi anche alle istituzioni locali, non deve però pesare su queste donne, che sono tra le persone più fragili e bisognose perché portano con sé una nuova vita, preziosa per il futuro della società.

6 settembre 2010

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