“In movimento” con l’eleganza di Fiorella Mannoia

Intervista all’interprete romana, che presenta il nuovo tour. Sarà nella Capitale l’1 e il 2 aprile al Gran Teatro di Concita De Simone

“Come si cambia per ricominciare”, cantava Fiorella Mannoia nel successo che la consacrò al Festival di Sanremo del 1984. E se la frase del celebre ritornello di “Come si cambia” valeva per le questioni sentimentali, non si può dire che lo sia per la sua interprete. Fiorella Mannoia è una che non ha mai avuto bisogno di cambiare, né di ricominciare perché, in scena dal 1968, cioè dall’età di 14 anni, ha saputo scegliere i pezzi giusti per conquistare il pubblico, fino ad essere considerata una delle più grandi interpreti della nostra canzone. Una carriera lunga oltre 40 anni, con gli ultimi 20 accompagnata dai più grandi autori del panorama italiano.

Misurata e raffinata, la Mannoia torna ad esibirsi dal vivo per presentare il suo nuovo lavoro “Il movimento del dare”, nel tour “In movimento”, organizzato da F&P Group, chela porterà a Roma al Gran Teatro l’1 e il 2 aprile. L’album, uscito lo scorso novembre, contiene collaborazioni con alcuni dei più grandi nomi della musica italiana: Ligabue, che ha firmato il primo singolo “Io posso dire la mia sugli uomini”; Fossati, l’amico di sempre; Battiato, autore del brano che dà il titolo all’album; Pino Daniele, sua “Capelli rossi”; Jovanotti, che ha scritto “Io cosa sarò”; Tiziano Ferro, autore di “Il Re di chi ama troppo”.

Canzoni che spesso non sembrano scritte “per” lei, ma quasi scritte “da” lei, tanto la Mannoia riesce ad immedesimarsi nei testi e nelle parole scritte dagli uomini. Perché ci sono cose che “gli uomini non dicono”, e che riescono ad esprimere quando scrivono per lei. Questione di feeling, come ci racconta nell’intervista esclusiva che ha rilasciato a Romasette.it.

Torni a Roma quasi per il tuo compleanno, che è il 4 aprile. Che rapporto hai con la Capitale?
Sono innamorata della mia città. Provo un amore profondo. La amo con tutti i difetti e i problemi. Ci sto bene quando torno e torno volentieri. Sono stata a Milano tanti anni, ma ormai da 7 sono tornata. Negli ultimi anni si è creato un bel fermento, con tante iniziative culturali. Ci sono tanti quartieri dove prima non si passava neanche per sbaglio e che invece sono stati rivalutati, come Testaccio, San Lorenzo, Garbatella. Posti che oggi vivono di luce propria.

Oltre ai nuovi brani, in questo tour porti anche i tuoi grandi successi e non mancano interpretazioni inedite. Qualche esempio?
Canto una canzone di Niccolò Fabi, “Mimosa”. Recito, perché non canto effettivamente, un rap di Jovanotti “Occhio non vede, cuore non duole”, che mi piacerebbe anche incidere. Ho inserito “E penso a te” di Battisti e una bellissima canzone di De Andrè e Fossati, “Smisurata preghiera”.

Quando si parla di Roma e degli anni Settanta, dal punto di vista di musicale, si pensa al Folk Studio e a tutti i nostri cantautori che lo frequentavano. Com’è stato, da donna, esordire nell’ambiente musicale in quegli anni?
Veramente non sono mai stata al Folk Studio. Perché avevo 14 anni e non ero abbastanza grande per capirli. Ero un po’ in una linea d’ombra.

Una lunghissima carriera di cui hai già tracciato bilanci con “Canzoni nel tempo” del 2007. Come stai?
Mi sento molto soddisfatta. Più oggi di 10 anni fa. Sono contenta, mi sento una donna privilegiata, fortunata. Sento di aver fatto molto più di quanto avessi immaginato. Non ho rimpianti. Mi sembra di avere ancora tanto futuro avanti, forse perché ho ancora tanto entusiasmo.

Cosa ti lega agli autori che canti?
Affinità. Devono essere persone che hanno la stessa mia visione del mondo. Tendenzialmente siamo portati a frequentare le persone che ci assomigliano. Anche nel lavoro è così. Non potrei cantare concetti che non condivido o testi che non sento miei. In certi casi sono stata io l’ispirazione. In altri me le hanno regalate, per generosità o semplicemente per stima. Sono profondamente convinta che nel confronto con gli altri risieda l’essenza del nostro mestiere.

Quando si sentono nuove voci oggi, magari nei vari reality, soprattutto tra quelle femminili, si nota un po’ la tendenza a esagerare con i virtuosismi. Che ne pensi?
Dipende. Io penso che se queste formidabili tecniche sono usate con parsimonia ed eleganza, sono belle da ascoltare. La ginnastica vocale, soprattutto nelle donne spesso preda di questa debolezza, non mi piace. L’eleganza è più togliere che mettere. Anche nel modo di cantare o suonare. Se sei una persona con gusto canti con gusto. Se sei elegante idem. Ci vuole un po’ di umiltà.

27 marzo 2009

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