La Messa “in Coena Domini” a San Giovanni
L’invito di Benedetto XVI a «guardare il mondo con occhi di amore». Il rito della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti di Angelo Zema
«Preghiamo, affinché guardiamo il mondo con occhi di amore, con gli occhi di Gesù, riconoscendo così i fratelli e le sorelle, che hanno bisogno di noi, che sono in attesa della nostra parola e della nostra azione». È uno dei passaggi dell’omelia del Santo Padre nella concelebrazione della Messa «nella Cena del Signore» presieduta giovedì pomeriggio nella basilica di San Giovanni in Laterano. Una catechesi sull’Eucaristia, la cui istituzione è commemorata nel rito che apre il triduo pasquale. Un invito a «spezzare il pane» con gli altri e a «guardare il mondo con occhi di amore».
Prima di compiere il rito della della lavanda dei piedi a dodici sacerdoti, nell’omelia il Papa, riflettendo sul mistero della giornata, appunto l’istituzione dell’Eucaristia, osserva che «la Chiesa orante guarda alle mani e agli occhi del Signore». «Guardiamo – esorta Benedetto XVI – a quelle mani con cui Egli ha guarito gli uomini; alle mani con cui ha benedetto i bambini; alle mani, che ha imposto agli uomini; alle mani, che sono state inchiodate alla Croce e che per sempre porteranno le stimmate come segni del suo amore pronto a morire».
Il Signore, aggiunge, «ci insegna ad alzare gli occhi e soprattutto il cuore. A sollevare lo sguardo, distogliendolo dalle cose del mondo, ad orientarci nella preghiera verso Dio e così a risollevarci». Le parole del Papa si fanno preghiera. «Preghiamo il Signore che le nostre mani servano sempre di più a portare la salvezza, a portare la benedizione, a rendere presente la sua bontà! Preghiamo che attraverso gli occhi non entri in noi il male, falsificando e sporcando così il nostro essere. Ma vogliamo pregare soprattutto per avere occhi che vedano tutto ciò che è vero, luminoso e buono; affinché diventiamo capaci di vedere la presenza di Dio nel mondo». E di conseguenza saper «spezzare il pane» come Gesù.
Il gesto «del padre di famiglia – sottolinea Benedetto XVI – che si preoccupa dei suoi e dà loro ciò di cui hanno bisogno per la vita. Ma è anche il gesto dell’ospitalità con cui lo straniero, l’ospite viene accolto nella famiglia e gli viene concessa una partecipazione alla sua vita. Dividere, con-dividere è unire. Mediante il condividere si crea comunione». E nel gesto c’è già l’intima natura dell’Eucaristia: amore.
«L’Eucaristia – precisa il Pontefice – non può mai essere solo un’azione liturgica. È completa solo se l’agape liturgica diventa amore nel quotidiano. Chiediamo in quest’ora al Signore la grazia di imparare a vivere sempre meglio il mistero dell’Eucaristia così che in questo modo prenda inizio la trasformazione del mondo». Un mondo in cui il Signore «prepara la mensa in mezzo alle minacce» che dal mondo provengono, «e ci dona il calice glorioso», colmo «del vino del suo amore».
Nel gesto dell’Eucaristia, spiega il Santo Padre, Cristo «anticipa la crocifissione e la risurrezione. Ciò che là si realizzerà, per così dire, fisicamente in Lui, Egli lo compie già in anticipo nella libertà del suo amore. Egli dona la sua vita e la riprende nella risurrezione per poterla condividere per sempre». Così conclude il Papa: «Signore, oggi Tu ci doni la tua vita, ci doni te stesso. Pènetraci con il tuo amore. Facci vivere nel tuo “oggi”. Rendici strumenti della tua pace!».
Al termine della celebrazione, il Santo Padre porta l’Eucaristia alla cappella della reposizione. Incensa il Santissimo Sacramento e sosta in preghiera. Come i fedeli che nella stessa sera, in tutte le chiese, si riuniscono per adorare la presenza permanente del Signore nel sacramento eucaristico.
12 aprile 2009