L’addio a Bencetti, diacono missionario in Perù
Commozione per la morte dell’ex giornalista Rai, a Lima dal 2001 con la moglie. Il vescovo Enzo Dieci: «Continua il sostegno a quelle comunità» di Angelo Zema
New York: uno schianto nel cielo sereno. Fumo nero dalla torre nord del World Trade Center. Le urla. Un altro schianto, accanto, diciotto minuti dopo, sulla torre sud. Le due Torri Gemelle in fiamme. 11 settembre 2001. È il caos. Il mondo è inebetito da quelle immagini di fiamme e di terrore. A qualche migliaio di chilometri di distanza, Isabella e Luigi Bencetti sono ignari dell’accaduto. Da Roma si sono imbarcati per Parigi e da qui verso Atlanta. Destinazione finale: Lima, capitale del Perú.
Una missione cattolica alla periferia nord di Lima. Lui, una vita da giornalista Rai, e lei, sette figli allevati in sintonia con il marito, di quelle fiamme non sanno nulla mentre il loro aereo comincia uno strano giro. Finiscono su un’isola. Dodici ore, senza poter avvisare i figli. Riccardo, Paolo, Teresa, Maria Chiara, Francesca, Giovanna e Maria Luisa, sempre più preoccupati. Un imprevisto sulla strada della missione peruviana dove arriveranno solo sei giorni dopo la partenza da Roma. O forse una tessera del mosaico che la Provvidenza compone nella vita di Isabella, 68 anni in quel 2001, e di Luigi, 65, inviandoli laggiù.
«Laggiù» è Cono Norte, missione nella diocesi di Carabayllo, periferia nord di Lima, megalopoli da oltre otto milioni di abitanti. Ottantamila sotto lo sguardo attento di Luigi e Isabella, a sostegno dell’immensa parrocchia di Cristo Camino Verdad y Vida. Ottantamila oggi un po’ più soli. Oggi che Luigi non è più con loro e non potrà più esserlo. È morto lunedì sera, e giovedì mattina (13 marzo), alle 11.30, i funerali verranno celebrati nella basilica di San Giovanni in Laterano. Come dice Gladys, collaboratrice della missione, «Luigi sta in cielo, e però ci aiuta più di prima».
Ma quella comunità che per sei anni è stata la parrocchia di Luigi e Isabella, reduci da numerose esperienze pastorali a Roma, è ora nel cuore di tutta la diocesi, in particolare dei diaconi permanenti e del Centro missionario, che fin dall’inizio – fin da quando Luigi guidava le celebrazioni delle Parola in una baracca – ha assicurato il suo sostegno all’iniziativa di evangelizzazione e testimonianza in Sud America.
«Il vescovo di Carabayllo, monsignor Panizza, che ha sempre ringraziato per la presenza “romana”, auspica che questa possa continuare in piena comunione con la nostra diocesi». Lo afferma il vescovo ausiliare Enzo Dieci, direttore del Centro missionario, appena rientrato da un viaggio di tre settimane in Perù con il diacono permanente Giuseppe Colona, alla settima permanenza nella diocesi peruviana.
«Andai nel 2002 la prima volta per vedere, e sono tornato – dice Colona -, per quattro volte con mia moglie». Altri diaconi permanenti di Roma l’hanno imitato: l’ultimo Paolo Cinguino, ingegnere, rimasto sino a fine novembre, è pronto a ripartire il 2 aprile per 4 mesi; Colona gli darà nuovamente il cambio fino a settembre. In una «staffetta» dell’evangelizzazione che mira a sostenere, in un generoso servizio di volontariato, l’azione pastorale di quella parrocchia e a prendersi cura di quella gente, che vive nella povertà e nella desolazione.
«Ciò che “attrae” di più è il rapporto con la gente», confessa Colona, commosso per la perdita dell’amico Luigi. «Lì le relazioni sono informali, dirette. Potrei raccontare un’infinità di episodi. La gente esprime affetto, solidarietà. Un tassista, Guillermo, mi raccontò dei figli non battezzati, dei problemi in famiglia; ora, dopo 6 anni, è un catechista della parrocchia».
Prendersi cura, si diceva. Anche materialmente. Difficile la tutela della salute, laggiù. E il sostegno all’infanzia. Ecco allora i tre presidi medici attivati negli ultimi anni, e l’aiuto al «nido» delle religiose che accoglie 50 bambini, affidato ad alcune mamme. Mentre altre mamme lavorano, e in un mese guadagnano l’equivalente di 30 euro.
La priorità resta l’annuncio, certo. In un territorio dove consistente è la presenza delle sette. E tra i luoghi privilegiati per l’annuncio è la chiesa del Sagrado Corazon de Jesus, costruita con il sostegno della diocesi di Roma. Un riferimento per le cappelle circostanti, afferma il vescovo Dieci. «E presto sorgerà una nuova cappella, dedicata all’Immacolata, sempre con lo stesso sostegno». Nel ricordo di Luigi. «Con Isabella – dice monsignor Dieci – hanno lasciato semi stupendi, lavorato instancabilmente. Ringrazio Dio per averli chiamati da Roma. Hanno dato con coraggio il loro tempo per il Vangelo e per Gesù».
12 marzo 2008