L'”altra direzione” di Nek, verso Nuovi Orizzonti

Intervista al cantautore di Sassuolo, al secolo Filippo Neviani, che sarà in concerto all’Auditorium il 26 aprile: dalle canzoni dell’ultimo album all’impegno nel volontariato di Concita De Simone

Se avete ascoltato in radio il nuovo singolo di Nek, “Se non ami”, e avete avuto la sensazione che vi ricordasse qualcosa, avete indovinato. Ė la versione pop, potremmo dire, dell’Inno alla Carità di San Paolo. E non stupisce che a cantarlo sia un artista allenatosi nel coro della parrocchia, oggi famoso in tutto il mondo. Il brano è estratto dall’album “Un’altra direzione” (Warner Bros), uscito lo scorso gennaio in versione standard contenente 12 brani inediti e “Walking Away”, duetto con Craig David, e in una versione speciale contenente 6 brani disponibile al pubblico al prezzo speciale di euro 9.90. L’album verrà presentato all’Auditorium Parco della Musica domenica 26 aprile.

Vien da chiedersi quale sia la direzione di Nek, al secolo Filippo Neviani, oggi trentasettenne cantautore con 17 anni di carriera alle spalle – uno di quelli passati per la gavetta – visto che, ascoltando il suo ultimo lavoro, non si rimane spiazzati da grandi novità. Che non è una critica, ma una rassicurazione.

Fedele alla sua raffinatezza stilistica, l’artista di Sassuolo allarga stavolta il proprio orizzonte artistico, spaziando dal lento al reggae, dal rock dai connotati sinfonici all’acustico, dai ritmi più energici all’impronta dark. Ma è anche nei testi che Nek dimostra la sua maturità. Canzoni a tratti autobiografiche, dominate dal tema dell’amore – compresa “Quante cose sei” una canzone dedicata alla moglie Patrizia – passando anche per accuse all’indifferenza della gente (in “Tira su il volume”) o all’assuefazione ai beni materiali (“Perdere il controllo”).

Nek, la nostra prima intervista per Romasette fu nel 1998, dopo il successo di “Laura non c’è”. Che direzione hai preso nel frattempo?
Quel disco, “Lei, gli amici e tutto il resto”, con “Laura non c’è” e “Sei grande”, ha dato di sicuro una direzione particolare alla mia carriera. Nei primi 3 album avevo peccato di inesperienza. Non c’era ancora un senso preciso. Subivo le decisioni e i suggerimenti di chi mi guidava in quel periodo. Ho continuato a fare il mio pop che si contamina con altri stili musicali. Non sono mai stato rivoluzionario, e ho sempre rispettato le dinamiche evolutive del mio stile. Il pop rimane la mia colonna portante e mi piace essere un cantante pop-rock ma non solo, per non essere legato a un solo stile. Sperimentare, sì, ma sempre con moderazione.

Dall’Inno alla Carità di San Paolo all’Ode alla vita della brasiliana Martha Medeiros, che ha ispirato “Per non morire mai”: le tue fonti sono frutto di riflessioni da artista e/o da uomo?
L’artista non conta. Viene di conseguenza. Come Nek, sono un numero nell’industria discografica. Sono le riflessioni che ho fatto come uomo, soprattutto dopo aver fatto certe esperienze che mi hanno avvicinato di più agli altri, che mi hanno fatto vedere cosa c’è al di là del muro dell’indifferenza o della sufficienza. Certo, poi dall’uomo che è sensibile, la responsabilità passa all’artista, perché io mi esprimo attraverso le mie canzoni.

Quindi c’è una relazione anche tra canzoni come “Se non ami” e “Per non morire mai” e la Comunità Nuovi Orizzonti, che tu sostieni?
Sì, certo. Ho conosciuto Nuovi Orizzonti attraverso un mio un mio amico industriale che li aveva incontrati. Ho scritto di questo impegno tra le note dell’album non per fare pubblicità a me, ma a loro, ci tengo a dirlo. La beneficenza va fatta, non detta. Io non ho fatto altro che rendermi strumento. Ho detto loro: “Mi conoscete, sapete cosa posso fare e darvi”. Da lì è partito il mio impegno attraverso la musica. Ho fatto due concerti a Sassuolo il cui ricavato è andato a loro. L’ho fatto apposta nel mio paese, solo per la stampa locale. Perché so che è una cittadina ricca. Certo, adesso c’è la crisi della ceramica, ma in generale si sta meglio che in altri posti e la gente può permettersi di dare più soldi per la beneficenza. Come Filippo essere umano continuo ad essere molto colpito dallo straordinario impegno di Nuovi Orizzonti. Adesso stiamo finendo un villaggio in Bosnia, a Medjugorj. C’è la necessità di aiutare una popolazione al 45% disoccupata, dove ci sono ancora gli strascichi della guerra del Kosovo, e la gente che non ha di che vivere si prostituisce o va a rubare. È una terra benedetta e martoriata al tempo stesso. In questo villaggio di Nuovi Orizzonti si impara a fare il pane, si recupera al dignità. C’è un ambulatorio medico e ci sono tanti volontari che si danno il cambio.

“Quante cose sei” è una dichiarazione d’amore per tua moglie. Voi siete sposati da 12 anni, quasi record nel tuo ambiente
Le ho dedicato una canzone, ma ho sempre vissuto il mio matrimonio in modo privato. Non come un fatto mediatico. Questo perché sono una persona molto introversa e riservata.

Nella scaletta del concerto che terrai all’Auditorium, ci sono anche vecchi brani. Quelli che ti hanno reso popolare in tanti Paesi. Ma è vero che quando puoi ti dedichi al tuo fazzoletto di terra e guidi il trattore?
Sì, è vero. Lo facevo già in precedenza. Abbiamo una casa di famiglia sulle colline a 7 km da Sassuolo, con 40 ettari di terreno. C’è sempre un contadino che se ne occupa e poi mio padre, che ha 70 anni e quindi, quando posso, mi piace e mi rilassa poterlo aiutare con l’orto o con il roseto cui tiene molto.

A proposito, perché all’Auditorium?
Perché manco dai teatri dal 2004. Nei palasport si sente il calore del pubblico che si alza e canta e balla. Ma per un artista, stare sul palco di un teatro è davvero una grande emozione.

24 aprile 2009

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