L’ideologia non aiuta chi soffre
L’editoriale sulla decisione dell’XI Municipio di estendere a tutti i romani l’utilizzo del registro municipale sulle disposizioni sul fine vita di Angelo Zema
Non solo con un atto amministrativo, ma con una decisione dal carattere spiccatamente politico, il Municipio XI ha esteso a tutti i cittadini residenti nel Comune di Roma la possibilità di depositare le proprie volontà presso il registro dei testamenti biologici e delle disposizioni di fine vita istituito nel maggio scorso dal medesimo Municipio. L’annuncio della novità, attuata attraverso una modifica apportata alla precedente delibera, arriva da un comunicato che contiene anche un attacco al Parlamento, accusato di discutere «la legge indecorosa licenziata dal Senato e approdata alla Camera», «voluta più dalle gerarchie ecclesiali e certamente in contrasto con la volontà popolare».
Parole che confermano il sapore ideologico di cui si sostanzia il provvedimento del Municipio XI. Un provvedimento che va oltre le competenze assegnate ai Municipi, chiamati ad amministrare la porzione di territorio a loro affidata, e che viene annunciato quando è ancora in corso in Parlamento l’esame sul disegno di legge che comprende tra l’altro la nuova normativa sulle «dichiarazioni anticipate di trattamento». Nel testo varato dal Senato, ad esempio, sono specificati contenuti, limiti, forma e durata di queste dichiarazioni: tra l’altro, viene precisato che l’alimentazione e l’idratazione sono «forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita».
La definizione di queste dichiarazioni non può essere quindi affidata all’improvvisazione e comunque ad organi che non hanno le competenze in materia. A fare chiarezza, nei mesi scorsi, d’altra parte era arrivata la decisione del Consiglio comunale di Roma, che aveva respinto una mozione che chiedeva l’istituzione di un registro comunale per il testamento biologico.
Non è di sconfinamenti come questi, non è di simili forzature, che si avverte oggi il bisogno, quanto invece di una seria e approfondita riflessione sul valore della vita e sul significato della sofferenza e della morte. Proprio su quell’espressione, «alleviare le sofferenze», converrebbe puntare l’attenzione, attivando ad ogni livello ogni misura idonea allo scopo: quel che occorre è rafforzare l’accompagnamento a chi soffre, ognuno in base alle sue competenze. Anche e soprattutto di fronte a chi si avvicina alla fine della vita. In questi casi la pazienza, l’ascolto, la vicinanza concreta, oltre che ovviamente l’assistenza spirituale, medica e domiciliare necessaria, possono aiutare la persona a vivere questa esperienza senza essere travolta dalla disperazione. Questo è ciò che conta davvero.
16 novembre 2009