Luigina Sinapi verso la beatificazione
Chiusa la fase diocesana del processo. Il cardinale Vallini: «Una laica che lungo il XX secolo, nella città di Roma, offrì una luminosa testimonianza cristiana e si offrì come vittima per la Chiesa» di Giulia Rocchi
«Soffrire è offrire». Lo ripeteva spesso, Luigina Sinapi. In questa frase è racchiuso il senso del suo pensiero, del suo carisma, della sua stessa esistenza dedicata ai bisognosi. In mezzo alla gente comune. Luigina visse «come un granello di senape in un solco di Roma», secondo quanto le disse Gesù quando le apparve per la prima volta, il 15 agosto del 1933. Lo ricorda il cardinale vicario Agostino Vallini durante la sessione di chiusura della fase diocesana di beatificazione – venerdì nell’Aula della Conciliazione, in Vicariato – della mistica, nata a Itri nel 1916 e morta a Roma nel 1978.
Fin da piccola Luigina sognava di dedicare la sua vita a Cristo, tanto che all’età di 16 anni entrò all’Istituto delle Figlie di San Paolo. Ma fu costretta a lasciarlo, a causa dei problemi di salute. Eppure questo non la dissuase dal suo intento di dedicarsi agli altri. «Fu una laica – così la descrive il porporato – che lungo il XX secolo, nella città di Roma, offrì una luminosa testimonianza cristiana e si offrì come vittima per la Chiesa». Questo fu, infatti, il sacrificio di Luigina: donare le proprie sofferenze al «cuore immacolato della Mamma Maria» – queste le parole usate dalla Sinapi stessa – per il bene del Papa e di tutti i sacerdoti. «Si rivolgeva alla Vergine con atteggiamento tenero e filiale», nota il cardinale vicario.
E la stessa dolcezza Luigina la riservava a quanti la andavano a trovare nella sua casa al civico 51 di via Urbino. Un’abitazione divenuta cenacolo, con la cappellina privata nella quale passava ore e ore in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. «In tutti quelli che si rivolgevano a lei – sottolinea il cardinale – sapeva infondere conforto, coraggio, amore per la Chiesa».
25 maggio 2009