Maratona in Terra Santa, ponte di pace

«Unire due popoli, i palestinesi e gli israeliani, con il contributo degli italiani»: così il cardinale Ruini ha dato il via all’iniziativa da Agenzia Sir

«Unire due popoli, i palestinesi e gli israeliani, con il contributo degli italiani, per dimostrare che la pace si può fare», ha detto il cardinale Camillo Ruini, alla partenza della Maratona della Pace Betlemme – Gerusalemme, «è il senso profondo di questa corsa, che solo all’inizio sembrava un sogno mentre adesso è diventato un evento che tutti si aspettano». Il cardinale vicario, che ha acceso la fiaccola della pace del pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto e l’ha consegnata a Ulderico Lambertucci, il maratoneta che il primo gennaio è partito a piedi da Roma per Gerusalemme, si rivolgeva a una folla di almeno 500 partecipanti.

Oltre agli italiani del Centro sportivo italiano, che organizza l’evento, e ai ragazzi dell’Agorà del Mediterraneo, correvano fianco a fianco più di un centinaio di palestinesi e diversi ebrei. Il momento più significativo della corsa è stato certamente il passaggio a uno dei check-point del muro che circonda Betlemme, che solitamente non si possono oltrepassare senza controlli. Questa mattina invece il varco era spalancato: per alcuni ragazzi palestinesi la maratona è stata la prima occasione della vita per andare a Gerusalemme.

Il governatore di Betlemme, Saleh El Tummari, ha sottolineato che la «maratona che dura da cinque anni non ha risolto i problemi di questa terra», ma – ha aggiunto rivolgendosi ai partecipanti – «con il vostro gesto contribuirete a distruggere il muro che separa Betlemme e Gerusalemme e i bambini si ricorderanno di voi». «Cinque anni – ha raccontato Edio Costantini, presidente nazionale del Csi – a Betlemme non veniva più nessuno, la comunità cristiana soffriva molto e abbiamo pensato che un gesto simbolico come una maratona potesse aiutare la ripresa dei pellegrinaggi». «Dopo un’iniziale difficoltà ora ogni anno la partecipazione cresce – ha aggiunto il presidente – e sono proprio le autorità locali che vogliono la Maratona».

«Sono orgoglioso di essere qui – ha detto don Alessandro Amapani, vice-responsabile nazionale dell’Ufficio nazionale di pastorale giovanile – a testimoniare la possibilità di oltrepassare dei muri insieme ai giovani palestinesi e accompagnare fino a Gerusalemme quelli di loro che non ne hanno mai avuto la possibilità». Una forte emozione è anche il sentimento testimoniato da Andrea Chiuri, uno dei giovani del progetto Agorà: «Vedere popoli divisi da muri, ancora nel 2008, è orribile».

Il cardinale vicario, che guida il pellegrinaggio diocesano in Terra Santa, rassicura i pellegrini. «Quest’anno i pellegrini sono molti e ciò significa che c’è tanta gente che viene qui sia per venerare i luoghi santi sia per dare un aiuto ai cristiani che vivono in questa terra. Oltre alla diocesi di Roma, che conta almeno cinquecento persone, ci sono molti altri pellegrinaggi che incontriamo e che fanno il nostro stesso percorso. È l’ottava volta che vengo nei luoghi santi – racconta il cardinale – e sono alla seconda esperienza con la diocesi di Roma: ho proprio voluto fare la scelta di non compiere un pellegrinaggio “personale” ma di percorrere queste strade insieme ai tanti fedeli della mia diocesi».

A giudizio del porporato, «adesso la situazione sembra molto tranquilla e posso dire a tutti quelli che hanno intenzione di fare questo viaggio che possono venire senza rischio». Per il processo di pace tra Israele e Palestina, «la Chiesa cattolica, qui stimata e ben voluta da tutti, fa quel che può attraverso le preghiere, la testimonianza, la presenza pacifica». Per il futuro il cardinale Ruini auspica che possa migliorare la condizione di vita dei cristiani in Terra Santa, adesso difficile: «Se ci sarà un periodo di pace più stabile spero che la comunità cristiana potrà riprendersi come presenze», conclude.

Il cardinale Ruini ha pregato mercoledì pomeriggio per la missione “americana” di Papa Benedetto XVI e per i cristiani arabi di Terra Santa, celebrando a Nazareth la Messa. «In questa Basilica, dove è custodito il luogo dell’Annunciazione – ha detto il cardinale nel corso dell’omelia – noi riscopriamo lo specifico della nostra fede, che mette insieme il mistero della volontà di Dio con la concretezza storica, che passa attraverso l’incarnazione nel grembo di Maria e la vita di Gesù in un famiglia ebrea di modeste condizioni a Nazareth».

Il cardinale ha poi ricordato che Dio «entra non solo nella storia ma nella vita di tutti noi» e la cambia attraverso «la testimonianza degli apostoli e quindi dei loro successori» e l’azione dello Spirito che è «l’amore tra il Padre e il Figlio».

18 aprile 2008

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