Migranti, «presenza preziosa»
Alla XVIII Festa dei Popoli la Messa di monsignor Vegliò. In piazza San Giovanni in Laterano più di 5mila persone arrivate dai cinque continenti. Padre Saracino: «Roma è modello di accoglienza» di Mariaelena Finessi
I politici italiani guardino «con altri occhi» gli immigrati la cui «presenza è preziosa e indispensabile nelle nostre città». Monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio Consiglio dei migranti e degli itineranti, celebra la Messa per la XVIII Festa dei popoli nella basilica di San Giovanni in Laterano, in questa domenica 17 maggio affollata di fedeli provenienti dai quattro angoli del mondo. Citando il titolo della Festa dei popoli, “Roma con altri occhi”, monsignor Vegliò si rivolge a loro, ai nuovi abitanti di Roma: «Vi assicuriamo tutto il nostro impegno perché assumano occhi nuovi e diversi nei vostri confronti tutte le nostre parrocchie e tutte le comunità cristiane, i responsabili della politica, delle amministrazioni centrali e locali, dell’informazione, dell’opinione pubblica, di tutta la cittadinanza». «Meritate rispetto – aggiunge –, ammirazione e gratitudine. La vostra presenza è preziosa e indispensabile nelle nostre città». «Mi auguro – conclude – che anche voi assumiate occhi nuovi ed eventualmente diversi nei confronti di Roma per rendervi conto della tanta gente che vi vuol bene, delle tante opportunità che vengono offerte a tanti di voi per una promozione nella scala sociale e civica».
Fuori dalla basilica, una quarantina di stand delle comunità straniere nella Capitale, oltre ai punti informativi di quelle realtà che quotidianamente lavorano accanto agli immigrati, come la Caritas e le Acli. Gli indonesiani hanno preparato un banchetto di delizie gastronomiche e nel programma di oggi hanno inserito lo spettacolo del Poco Poco, ballo delle grandi occasioni, che prevede anche l’esibizione di ragazze islamiche sul sagrato della chiesa: «L’Indonesia è questa – dice Frank Kandou, addetto commerciale dell’ambasciata a Roma –, una terra di convivenza di 160 etnie e, come la vostra città, di collaborazione tra le varie religioni». Anche Augustina è indonesiana e per questo, come è usanza nel suo Paese, non ha un cognome. Per risolvere la questione, lo stato italiano ha deciso allora di considerare come cognome il suo nome di battesimo (cioè “Augustina”) e come nome le è ha dato invece un imbarazzante “Senzanome”. Ricapitolando, sulla carta di soggiorno, sul codice fiscale e sulla tessera sanitaria è scritto che questa esile donna si chiama Senzanome Augustina. «Complicazioni amministrative e un’incomprensibile burocrazia – spiega il marito italiano, Davide –, che nulla tolgono al carattere aperto di Roma».
Sul tavolo della comunità slovacca, accanto ai depliant turistici, c’è un piatto di biscotti che invita a fare chiacchiere. «Vogliamo innanzitutto far capire – spiega Maria – che la Slovenia non è la Slovacchia». Un’assonanza di nomi che troppo spesso fa confondere, dice, con il risultato «che pochi ci conoscono». Su una parete del gazebo campeggia la cartina dell’Europa e la Slovacchia è cerchiata di rosso. Maria Konecna ha 26 anni ed è iscritta a Scienze del matrimonio e della famiglia dell’Istituto Giovanni Paolo II, presso l’Università Lateranense. «Studio le problematiche della famiglia alla luce del magistero di Woytyla per diventare consulente familiare». Prima di 11 figli, Maria ha lasciato il suo Paese per venire a stare a Roma. Un valido aiuto le è stato offerto dal Centro San Lorenzo, istituto voluto dal papa polacco, anch’egli straniero in Italia, affinché i giovani di tutto il mondo potessero fare rete e nel quale si organizzano incontri, gite, catechesi e si danno “le dritte” su come cavarsela in città.
«Roma è un modello di convivenza – padre Gaetano Saracino, missionario scalabriniano, commenta in ultimo le cinquemila presenze alla Festa di cui è l’organizzatore – e il nostro auspicio è che quello dei migranti non sia un argomento a latere, di cui parlare nel momento in cui si affronta la sola questione del lavoro delle badanti o della sicurezza. Quella degli stranieri è una realtà viva e costruttiva, una pastorale non appartata ma in cammino».
18 maggio 2009