Monsignor Brambilla, il “sorriso” di Dio tra i malati e i sofferenti

La diocesi di Roma si è raccolta intorno al cardinale Vallini e ai vescovi ausiliari per celebrare, martedì 3 gennaio, una Messa in suffragio di monsignor Armando Brambilla, deceduto il 24 dicembre di F. Cif.

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È il senso profondo del Natale a fare da cornice all’intera parabola della vita terrena del vescovo Armando Brambilla. E non solo perché il Signore lo ha chiamato a sé mentre la Chiesa si apprestava a celebrare la solennità della nascita di Cristo ma perché «nella duplice dimensione del Figlio di Dio che ci viene donato e della nostra capacità di accoglierlo potremmo racchiudere e, in qualche modo, sintetizzare tutta la vita del compianto vescovo Armando e il suo ministero pastorale». Lo ha detto il cardinale vicario Agostino Vallini presiedendo questa mattina, 3 gennaio, nella basilica di San Giovanni in Laterano, una Messa in suffragio del presule deceduto improvvisamente il 24 dicembre scorso, poco dopo aver fatto ritorno nella “sua” Lombardia per trascorrere un periodo di vacanza. «A pochi giorni dalla sua morte – ha spiegato dopo aver dato lettura del messaggio di cordoglio del Santo Padre – dopo avere celebrato la Messa esequiale nel suo paese di origine, abbiamo desiderato ritrovarci come Chiesa di Roma in questa nostra cattedrale, nella quale egli fu ordinato vescovo quasi 18 anni fa, il 24 maggio 1994, per ringraziare il Signore di avercelo dato sacerdote, parroco e vescovo ausiliare e per affidarlo alla sua misericordia». A concelebrare con lui, cappellani ospedalieri, parroci, vescovi romani e non solo, in una lunghissima processione.

Nato a San Maurizio al Lambro, alle porte di Milano, il 21 gennaio 1942, «da una famiglia umile e buona», si era formato fin da ragazzo nell’Azione cattolica della sua diocesi, imparando ad «amare il servizio». Diplomato in ragioneria, all’età di 29 anni, nel 1971, entrò nella Comunità missionaria del Paradiso di Bergamo, una comunità di sacerdoti missionari che si pongono al servizio delle diocesi d’Italia povere di clero. Completati gli studi teologici al Seminario di Bergamo, fu ordinato sacerdote per la diocesi di Bergamo l’11 giugno 1977 e subito inviato a Roma come viceparroco nella comunità di San Giustino, alla borgata Alessandrina. «Don Armando – ha sottolineato il cardinale Vallini nell’omelia, mentre alle spalle dell’altare campeggiavano gli stendardi delle confraternite – sentiva forte il bisogno di far conoscere l’amore di Dio per gli uomini e di aiutare le persone a non fare a meno di Dio». Per questo si è prodigato soprattutto tra i ragazzi e i giovani, diventando un punto di riferimento anche per le famiglie.

Della parrocchia di San Giustino è stato poi parroco dal 1986 al 1994, quando Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo ausiliare di Roma, con l’incarico di delegato per l’assistenza religiosa negli ospedali e nei luoghi di cura della Capitale. «Un ministero impegnativo e delicato, che monsignor Brambilla ha guidato, animato e servito da vero pastore», ha rilevato ancora il cardinale, ricordando la docilità del presule scomparso nei confronti dell’azione dello Spirito Santo «che quotidianamente invocava nella preghiera perche gli desse la capacità di comprendere la presenza e la volontà di Dio negli avvenimenti della vita quotidiana, e di accoglierla donandosi generosamente». Nonostante le prove e i dolori «che la vita non gli ha risparmiato». La luce e la grazia dello Spirito «lo hanno sempre confortato e illuminato, e lo hanno avvicinato con grande sensibilità pastorale particolarmente al mondo dei malati per dare loro, a sua volta, consolazione e speranza. A cominciare dal suo volto, sempre sereno e sorridente». Da qualche tempo la sua salute era minata, «ma lui era serenamente nelle mani di Dio, portando la croce con vero spirito di fede».

Delegato per le confraternite laicali di Roma, dal 1999 seguiva per conto della Cei la Confederazione delle confraternite delle diocesi d’Italia, di cui 3 anni fa era diventato assistente ecclesiastico nazionale. Per 5 anni è stato segretario della Conferenza episcopale del Lazio e vescovo delegato della Commissione regionale della Carità e Pastorale sanitaria. «Monsignor Brambilla non diceva mai di no», ha osservato ancora il cardinale Vallini, ricordando la generosità del suo “sì” «quando due anni fa gli chiesi di aggiungere ai suoi impegni ancora un’attenzione: quella di seguire il nostro Centro diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese». Pastore zelante, «amico e guida di sacerdoti e di tanti operatori laici», monsignor Brambilla ha svolto il suo ministero di sacerdote e vescovo interamente nella Chiesa di Roma, che «oggi sente di averlo intercessore in cielo». La certezza che il Signore è presente in mezzo a noi, ha rilevato infatti il cardinale citando le parole di Benedetto XVI alla preghiera del Te Deum, «non lascia spazio alla paura e all’angoscia dinanzi al tempo che scorre veloce, perché si rafforza la fiducia in Dio, da cui sappiamo di essere amati, per il quale viviamo e al quale la nostra vita è orientata in attesa del suo definitivo ritorno».

3 gennaio 2011

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