Raf: “Siamo tutti passeggeri distratti”

Il cantante, originario di Margherita di Savoia (Foggia), fa tappa al Palalottomatica per il suo tour di Concita De Simone

Se qualcuno pensasse ancora che un artista che fa canzoni pop d’amore non possa trasmettere anche dei contenuti più forti, ascoltando Raf si ricrederebbe. Raffale Riefoli, in arte Raf, 47 anni, 23 anni di carriera, 12 dischi, poche parole ma passione per le canzoni da vendere, è uno che in quello che canta ci crede davvero, e difende l’amore parlando di coscienza e condannando massificazione e sopraffazione mentale.

Reduce dal successo del suo ultimo album “Passeggeri distratti” – una panoramica tra i sentimenti dell’animo umano – Raf ha appena iniziato la tournée che toccherà le principali città italiane tra novembre e dicembre, e che proprio sabato 25 fa tappa al Palalottomatica di Roma. Due ore di concerto in cui non mancheranno alcuni brani del nuovo album, con proiezioni di immagini per rafforzare l’impatto emotivo di certe canzoni. «Ci sarà tanta musica – annuncia l’artista originario di Margherita di Savoia (Fg) ma romano d’adozione –; in due ore di concerto riproporrò un percorso lungo tutta la mia carriera, cominciando da “Self control” del 1983, che all’inizio non avevo incluso in scaletta, ma poi ho scoperto che i fans la conoscono e mi diverte cantarla con loro».

Non si tratta del classico tour promozionale, dunque, considerando anche che l’album è uscito lo scorso maggio. Raggiunto durante le prove del concerto, Raf spiega: «In realtà io non ho mai fatto tour promozionali, preferisco aspettare che i miei dischi abbiano qualche mese di tempo per essere bene assimilati dal pubblico. Per me il momento live deve essere il coronamento di un processo di conoscenza che è bene non affrettare, ma nemmeno tirare troppo per le lunghe, tant’è che è mia abitudine centellinare le date dei tour ed evitare di ripeterli quando non ho materiale nuovo da proporre».

Raf è un osservatore molto attento della realtà che la circonda. Non un “passeggero distratto, insomma, come conferma anche lui: «Le canzoni che mi rappresentano di più sono quelle in cui parlo dei mali della società contemporanea. Come, nell’ultimo album “Salta più in alto” e “Nati ieri”. Man mano che i miei due figli crescono, Bianca ha ormai 10 anni e Samuele 6, ho sempre più apprensione per il futuro». “Salta in alto” è un invito a darsi da fare per cambiare un mondo in cui «saltano i bambini su giocattoli esplosivi, saltano il pasto, saltano la corda fanno scarpe per saltare, salta la centrale nucleare, salta Mururoa a 50 anni da Hiroshima… saltano le borse, i governi…». In “Nati ieri”, propone tra le righe di riscoprire l’idealismo e provoca gli adulti accusati di «desideri da grandi spesso futili poco importanti tanti», piuttosto ad «avere ognuno il suo obiettivo da portare avanti non per se stessi ma per tutti quanti che il ricco sia esempio di altruismo e nobiltà d’animo che il povero possa vivere con dignità d’essere umano».

E poi ci sono le canzoni d’amore. Un filo ideale unisce tutte quelle dei vari album. «Mi ha sempre affascinato parlare di amori contrastati – racconta –. Non sono brani autobiografici. Io, per fortuna, ho una famiglia serena e felice. Scrivo come se guardassi un film e le strofe sono come dei fermo immagine». Ma l’amore di Raf passa soprattutto attraverso le sue considerazioni sull’impegno civile: «Mi accorgo che ci sono gravi problemi ambientali da risolvere che però non vengono presi in considerazione da chi potrebbe fare qualcosa. C’è pericolo che i ghiacciai tra 50 anni si sciolgano. È un pericolo reale per tutti, ma adesso sembra un argomento esclusivo per pochi». Non per niente il cantante è anche testimonial di Legambiente dal 2003.

Raf è così. Durante le interviste, con il suo carattere introverso e ritroso, stenta a parlare di sé, ma sugli argomenti che gli stanno a cuore e che si riconoscono nelle canzoni, tira fuori tutta la sua grinta. «Oggi conviviamo con qualcosa di più subdolo del processo di massificazione – sottolinea –, perché poco tangibile, meno cupo all’apparenza ma non per questo meno drammatico. Siamo passeggeri distratti e ciò che ci interessa veramente sembra sfuggirci, non lo sappiamo. Siamo viaggiatori con l’anima in balia del nostro tempo».

24 novembre 2006

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