“Terra Madre”, Olmi convince solo a metà

Nelle sale il documentario sulla terra come luogo di ricchezza per l’umanità, come fonte di sostentamento e di equilibrio di Massimo Giraldi

In questa rubrica, il 1° aprile 2007, nel riferire di “Centochiodi”, dicemmo che si sarebbe trattato dell’ ultimo film di finzione di Ermanno Olmi. Il regista aveva infatti annunciato l’intenzione, da quel momento, di dedicarsi ad un’attività documentaristica. Un cambio forte sotto il profilo concettuale e stilistico. È in arrivo nelle sale (esce l’8 maggio) “Terra Madre”, che ha come sottotitolo “un film documentario di Ermanno Olmi”.

L’obiettivo è quello di tornare a osservare da vicino, e senza mediazioni narrative, la terra come luogo di ricchezza per l’umanità, come fonte di sostentamento e di equilibrio, quindi come specchio della nostra capacità di costruirci il futuro o di andare verso la catastrofe. Bisogna dire che i risultati convincono solo a metà. Il motivo di una certa delusione va individuato nel fatto che il lavoro non nasce come iniziativa autonoma di Olmi ma come cornice al movimento Slow Food e agli incontri internazionali tenuti a Torino nel 2006 e nel 2008. La descrizione di questa attività e gli interventi di «esperti» ad essa collegati occupano gran parte del lavoro, con qualche autocompiacimento. Solo la parte finale, con i semplici rumori della campagna, si apre a qualche sprazzo di poesia che rimanda all’Olmi dell’“Albero degli zoccoli”.

3 maggio 2009

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