Una scuola dell’infanzia dedicata a Lorenzo Cuneo

Il papà del giovane scout e volontario Caritas deceduto nel ’98 mentre prestava soccorso a un automobilista ricorda la figura e l’impegno del figlio di Lorena Leonardi

«Mio figlio faceva sempre servizio, nel senso più alto della parola. Era così. Faceva tutto quello che poteva: dal chiudere una porta al fermarsi ad aiutare la gente per strada. Quel tipo di morte, per uno così, era normale». Claudio Cuneo ricorda così la scomparsa, avvenuta nel 1998, del figlio ventottenne Lorenzo, investito da un camion sulla corsia d’emergenza dell’A1 mentre soccorreva un automobilista. A Lorenzo, il 18 maggio, in occasione della Giornata dell’educazione stradale, verrà intitolata la scuola dell’infanzia di via Cerveteri. «È una bella notizia – commenta il papà -: abbiamo collaborato volentieri».

Una vita, quella di Lorenzo, piena di progetti e speranze: «Mio figlio era un ragazzo qualunque, sorridente, allegro. Da bambino, avrà avuto cinque anni, eravamo al Quirinale, quando è scappato correndo verso due carabinieri per raccontare loro una barzelletta sui carabinieri». Crescendo, Lorenzo è diventato sornione e buontempone: «Era amico di tutti. Dopo l’istituto aeronautico, ha fatto il militare in Marina. C’era la Guerra del Golfo, avevamo paura che lo mandassero là. Poi la facoltà di Scienze naturali, portata un po’ per le lunghe, anche se poco prima di morire aveva finito le materie e si stava per laureare». Mille interessi, e tanti impegni: «Faceva un sacco di cose, non si sa come. Era uno scout, da sempre, amava la natura. Andava anche in Germania, dove seguiva corsi sull’energia rinnovabile e il recupero dell’alluminio. Si era speso tanto per evitare la cementificazione del Parco della Caffarella, come “anima” del Comitato e consigliere del Municipio».

Al centro della vita di Lorenzo c’era sempre il prossimo: «Aiutava chi aveva bisogno, era un “buon samaritano”. Era volontario alla Caritas: lo chiamavano anche di notte, e lui andava». Si era interessato al progetto portato avanti dal giornalista Mino D’Amato con la fondazione “Bambini in emergenza”, che si occupava di bambini romeni colpiti dall’Aids: «Ha dato una mano – racconta il papà – a ristrutturare un ospedale in Romania. Abbiamo foto in cui pittura le pareti. Non si tirava mai indietro e mia moglie si lamentava che macchiava sempre tutti i pantaloni». La frase preferita di Lorenzo era «non c’è problema». «Risolveva sempre tutto. Un furgoncino cadeva in una piccola scarpata? Lui prendeva le corde e aiutava a tirarlo su. Negli ultimi periodi andava sempre in chiesa. Aveva organizzato nella parrocchia di San Giovanni Battista De Rossi, all’Appio Latino, “il giro del giovedì”: portava i panini ai poveri nelle stazioni. Anche se lui non c’è più, il giro continua».

L’impegno di Lorenzo oggi continua con l’associazione che porta il suo nome, voluta dal fratello Eugenio e dagli amici. «Il dolore peggiore – riflette il papà – è quello dei pari: i fratelli, gli amici, la fidanzata. Ogni genitore sa che un figlio, prima o poi, va via. Loro, invece, con Lorenzo avevano un progetto di vita». Che può essere solo immaginato: «Non riesco a visualizzare mio figlio fisicamente. Lo vedo come uno spirito. Avrebbe fatto l’insegnante, o forse il ricercatore. Probabilmente si sarebbe sposato, di sicuro avrebbe continuato ad impegnarsi per gli altri. Vorrei che Lorenzo venisse ricordato per questo, per il suo altruismo».

10 maggio 2012

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