Vespa e Vian, l’unità d’Italia tra Stato e Chiesa

Il centocinquantesimo anniversario visto dalle due sponde del Tevere: a confronto il conduttore di Porta a porta e il direttore dell’Osservatore Romano di Jacopo D’Andrea

Nella Sala Vasari al Palazzo della Cancelleria, gioiello architettonico rinascimentale, si è discusso di Risorgimento e di rapporti tra Stato e Chiesa in una prospettiva che ha abbracciato 150 anni di storia unitaria. Ieri, alle 17, infatti, proprio nel salone in cui nel 1848 si costituì la Repubblica romana, il conduttore di “Porta a porta” Bruno Vespa e il direttore de L’Osservatore Romano (giornale che come l’Italia unita compie 150 anni) Giovanni Maria Vian hanno animato l’incontro “Il cuore, la spada, la croce: i 150 dell’Unità d’Italia visti dalla due sponde del Tevere”. L’evento organizzato da Elea è stato moderato dal direttore Eventi Elea Piero Schiavazzi alla presenza del superiore generale della Congregazione dell’Immacolata Concezione, padre Ruggero Valentini.

Per l’occasione, Vespa e Vian hanno presentato anche i loro due ultimi libri. Rispettivamente, “Il cuore e la spada”, una lunga storia d’Italia che inizia dal periodo risorgimentale; e la seconda edizione de “La donazione di Costantino”, saggio storico in cui il direttore dell’Osservatore Romano analizza il più famoso falso della storia della Chiesa con scrupolo filologico riflettendo sul rapporto tra potere temporale e spirituale. Durante la discussione, poi, gli interventi dei relatori sono stati inframmezzati dalle letture di brani delle due opere da parte del giovane attore e doppiatore Danilo Brugia.

E Bruno Vespa, proprio prendendo le mosse dal passo del suo “Il cuore e la spada” in cui descrive l’incontro tra Giuseppe Garibaldi e Anita, ha esaltato l’eroe dei due mondi confrontandolo con Giuseppe Mazzini, dal giornalista ritenuto «un grande organizzatore di rivoluzioni fallite che hanno causato la morte di tanti giovani». Basti pensare «all’impresa dei fratelli Bandiera che aveva una possibilità su un miliardo di avere successo», ha commentato Vespa, definendo l’eroe dei due mondi «il più trasparente e disinteressato del nostro Risorgimento» che assommava in sé «una tale concentrazione d’abilità, coraggio e fortuna malgrado un Piemonte che non gli dava mai retta».

Ma soprattutto, il giornalista si è soffermato sulla figura di Pio IX, che alla fin fine «arriverà a benedire l’unità d’Italia malgrado l’anticlericalismo della monarchia sabauda». Unità d’Italia cementata anche con la conciliazione tra Stato e Chiesa è il succo del discorso di Vespa, che alla termine del suo intervento ha affermato: «È un sintomo di modernità e non di arretratezza il fatto che certe incomprensioni storiche tra Stato e Chiesa siano arrivate a una composizione armonica».

Gli fa eco, Giovanni Maria Vian: «Il potere temporale dei papi – ha sostenuto – è stata più una fonte di problemi per il pontificato» e in realtà, «nella visione di papi medievali come Alessandro III e Urbano VI o nella lotta allo straniero di Giulio II già c’era il concetto d’Unità d’Italia proclamata nel 1861». Tra l’altro, ha continuato Vian, anche Don Bosco «che aveva rampognato il suo re cattolico diventa patriota». Su Pio IX, infine, ha rivelato che «parlò con Gladstone (ex primo ministro inglese nel corso del XIX secolo, ndr) anche della questione di Trento e Trieste, convinto dell’Unità nazionale».

Padre Valentini invece ha voluto sottolineare come «non bisogna ricordare solo i grandi della Storia ma anche quelle figure di religiosi e religiose che hanno fatto aprire al mondo, l’Italia: figure come Don Bosco, padre Monti e madre Cabrini».

25 febbraio 2011

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