Bagnasco al Ceis: «Non si vive senza la fiducia degli altri»
La Messa pasquale nella sede del Centro fondato da don Mario Picchi: «Guardando al Crocifisso vedremo la vita». Le testimonianze degli ospiti
La Messa pasquale nella sede del Centro fondato da don Mario Picchi: «Guardando al Crocifisso vedremo la vita». Le testimonianze degli ospiti
Alle volte capita di perdere la fiducia in se stessi. Capita di non essere compresi, peggio, abbandonati da tutti. Il dolore si fa insopportabile e ci si allontana dalla vita, entrando in una tomba buia dalla quale è difficile tirarsi fuori. Parla al cuore dei ragazzi del Ceis il cardinale Angelo Bagnasco. Nella sua omelia, in occasione della tradizionale Messa pasquale al Centro italiano di solidarietà, martedì 4 aprile, il presidente della Conferenza episcopale italiana tocca le corde di chi conosce l’emarginazione e la solitudine. Giovani e meno giovani che a causa delle dipendenze – droga, sesso, gioco d’azzardo, cibo, shopping compulsivo – si sono calati in quella tomba «senza luce né calore né vita».
Sono più di 250 nella grande sala di via Attilio Ambrosini. Ci sono i ragazzi delle comunità terapeutiche, le donne con bambini in difficoltà, i rifugiati politici, gli operatori che giornalmente stanno loro vicino. Chi può ha portato i parenti. Non tutti sono in buoni rapporti con la propria famiglia. Annamaria, madre di un ragazzo con problemi di droga, poco prima della fine della Messa racconta il suo rapporto con il figlio e gli chiede scusa: per non averlo capito nei momenti di difficoltà, per aver risposto con nervosismo a nervosismo, per non essere stata in grado di tendergli la mano quando ne aveva bisogno. Si bagnano i suoi occhi, ma un accenno di sorriso fa intendere che il rapporto è stato sanato.
«Capita che ci deludiamo da soli, tanto da non perdonarci i nostri errori e le nostre colpe – aveva notato poco prima il cardinale -. Non si può vivere così, senza sentire che nessuno ha fiducia degli altri». Quella fiducia è stata accordata dal Ceis anche a Ivano e Roberto, saliti anche loro all’ambone per condividere la propria storia fatta di dipendenze e di riscatto: «Veniamo tutti al mondo per cercare la felicità che Dio ci ha donato. Non dobbiamo far altro che accoglierla e serbarla nel nostro cuore – dice Ivano -. Così facendo riusciremo a cacciare l’ombra di ciò che è stato per vivere il presente». Roberta ha 23 anni ed è al suo 13mo mese di comunità al Ceis. Si sente «pulita» adesso, anche se crede di «aver perso molti punti di riferimento» cadendo più volte nella «sfiducia, nella devianza, in un limbo di autodistruzione». Gli strumenti per stare meglio li sta acquisendo giorno per giorno, non si sente abbandonata. Come Yaram, giovanissima ragazza madre, e Lamin, 24 anni, scappato dal Gambia come tanti altri suoi coetanei.
«Non sentire la fiducia di qualcuno significa essere svuotati – sottolinea Bagnasco -, morire interiormente: perdiamo le forze, la voglia di rialzarci, di lottare, di costruire. Viviamo come in un vicolo chiuso, in una notte senza aurora». Ma se la fiducia degli uomini può mancare, «Dio non verrà mai meno». Gesù ripete nel Vangelo che quando sarà innalzato sulla croce, attirerà tutti a sé: «Allora ogni uomo scoprirà che Dio ha fiducia in lui, e questo è il punto di forza per il riscatto, la rinascita, la possibilità di un giorno nuovo». A tutti, il cardinale Bagnasco ricorda che «la nostra origine è nel cuore eterno di Dio». Egli «ci ha chiamati per nome, ci conosce dall’eternità». Non possiamo permetterci lo scoramento, quindi. «Dobbiamo rinnovare l’entusiasmo nel guardare avanti, continuando la fatica quotidiana, rialzandoci da ogni caduta», perché guardando «a Gesù crocifisso vedremo la vita, il senso della nostra esistenza, la bellezza dell’amore vero. Scopriremo l’umanità nuova che il mondo spera di incontrare e che è già in ognuno di noi».
5 aprile 2017