Cappello e Luli, una celebrazione li ricorda a Sant’Ignazio

Per i due gesuiti, il primo “confessore di Roma” per 40 anni e il secondo, albanese, per 20 anni ai lavori forzati, la Messa del cardinale Re

Per i due gesuiti, il primo noto come il “confessore di Roma” per 40 anni e il secondo, albanese, per 20 anni ai lavori forzati, la Messa del cardinale Re

Padre Felice Maria Cappello, noto come il “confessore di Roma” dal 1922 al 1962, e padre Anton Luli, albanese, torturato e condannato a venti anni di lavori forzati: sono i «due volti della misericordia», entrambi gesuiti, che saranno ricordati venerdì 11 novembre con una celebrazione solenne nella chiesa di Sant’Ignazio a Campo Marzio. L’evento sarà celebrato in occasione della Messa di guarigione dei malati, che si tiene a Sant’Ignazio ogni secondo venerdì del mese: sarà introdotto alle 17 da una presentazione di Andrea Sarubbi, conduttore di Tv2000; seguiranno l’intervento di padre Lello Lanzilli, gesuita, che offrirà la testimonianza della sua vita con il confratello Luli nell’Albania post-comunista, e il cardinale Giovanni Battista Re, che alle 18 presiederà la Messa e ricorderà padre Cappello perché da studente in Teologia lo aveva scelto come confessore personale.

Del gesuita albanese esce una biografia proprio in concomitanza con la beatificazione dei 38 martiri del comunismo albanese avvenuta il 5 novembre nella cattedrale di Scutari. «È lo stesso vescovo metropolita di Scutari, presidente della Conferenza episcopale albanese, monsignor Angelo Massafra, a collegare la figura di padre Luli con la beatificazione», osserva il gesuita padre Armando Ceccarelli. Emblematico il perdono dato al suo torturatore. Anche di padre Cappello è appena uscita una breve biografia, e a firmarla è un altro gesuita, Francesco Occhetta, con la prefazione del vescovo ausiliare Gianrico Ruzza, che delinea la figura di quello che fu «uomo di preghiera e di azione, cattedratico alla Gregoriana e fedelissimo al confessionale, canonista di fama internazionale e amatissimo dai suoi molti penitenti».

8 novembre 2016