Clemente Riva, vescovo «al servizio degli altri»

A Ostia l’incontro promosso a 100 anni dalla nascita e a 23 dalla morte, nell’ambito della XXX Festa del Libro e della Lettura promossa dall’associazione culturale intitolata al presule

«Volere bene all’altro ma volere anche il bene dell’altro». A 100 anni dalla nascita e nel 23° anniversario della morte, Ostia fa memoria della preziosa testimonianza di monsignor Clemente Riva, dal 1975 al 1998 vescovo ausiliare del settore Sud della diocesi di Roma. Ne è stata occasione la presentazione de “L’intelligenza della Chiesa”, la nuova edizione di una delle sue opere più famose, nell’ambito della XXX Festa del Libro e della Lettura promossa dall’associazione culturale Clemente Riva, nata nel 2010 per promuoverne l’opera spirituale e umana. Presenti il suo attuale successore come ausiliare del settore Sud, il vescovo Dario Gervasi, e don Leonardo Bartolomucci, autore del corposo repertorio bibliografico pubblicato all’interno del volume.

Così lo ricorda uno dei suoi giovani, Gianni Maritati, giornalista e presidente dell’associazione nata sul territorio: «La carità non è soltanto provare un sentimento di rispetto e amore verso gli altri, ma significa anche prendersi cura dell’altro. Un concetto che monsignor Riva ci ripeteva sempre e che testimoniava in prima persona. Sarebbe piaciuto molto a Papa Francesco, perché aveva uno stile di vita evangelico e apostolico, immagine di una Chiesa aperta agli ultimi, ai poveri, agli emarginati, ai fragili. Sempre attento al dialogo, ha lasciato un’impronta profonda nel settore Sud della diocesi come in tutta la Chiesa italiana ed europea. È stata immagine vivente, ricca di speranza, ispirata al Concilio Vaticano II, di un vescovo al servizio degli altri». Durante il funerale di Riva, l’allora cardinale vicario Camillo Ruini rivelò, ricorda ancora Maritati, «che aveva lasciato alla diocesi tutto quello che guadagnava nel suo ministero episcopale: circa 600 milioni di lire. Davvero un apostolo dei poveri ricco di una virtù rosminiana, la carità intellettuale, perché l’uomo esercitasse l’intelligenza in tutte le sue possibilità».

Lo ricorda come «un padre, un fratello» monsignor Giovanni Falbo, già parroco a Santa Monica per oltre 42 anni, di cui 35 come prefetto. «Ascoltava e incoraggiava. Partecipava empaticamente alla vita personale e pastorale. Consigliava ed era capace di mettere ogni prete a suo agio perché riuscisse a tirar fuori il meglio di sé – racconta -. Si era conquistato la fiducia e la simpatia della gente, non possedendo un’auto e venendo sempre con il trenino su cui aveva modo di incontrare e parlare con le persone. In parrocchia amava incontrarsi con i giovani condividendo il loro entusiasmo giovanile, anche in tempi di contestazione. Li conosceva per nome, li abbracciava, apprezzava le loro attività. Fu lui a favorire la nascita dell’interparrocchiale giovanile. Lui stesso presiedeva gli incontri, con discorsi costruttivi e ricchi di futuro. I giovani si riunivano in gran numero, si sentivano capiti e valorizzati e anche parroci e viceparroci si percepivano sostenuti negli impegni pastorali spesso faticosi e difficoltosi». Nelle parrocchie era di casa.

«A Santa Monica ha abitato per una settimana nel maggio 1979 – rievoca Falbo -. Venne a fare la visita pastorale, occupando l’unica stanza libera, che era anche la più disagiata e dicendo che vi si trovava benissimo. Del resto nella sua stanza a San Carlo al Corso viveva davvero in spirito di povertà: un’unica camera con letto e una semplice scrivania. La prima mattina, ricordo, sembrava avesse preso il morbillo con tutta la faccia piena di puntini rossi: aveva lasciato la finestra aperta ed era stato divorato dalle zanzare. Fu una settimana indimenticabile che trascorsi interamente al suo fianco, sia negli incontri con i vari gruppi parrocchiali, sia nell’amministrazione dei sacramenti, come anche nella visita alle varie comunità religiose della parrocchia. Fu una pietra miliare nella costruzione della comunità parrocchiale. Rimane oggi il suo esempio di autentico pastore secondo il cuore di Cristo e la sua intercessione nelle difficoltà del tempo presente. Un quadruccio con una delle sue tante foto con me lo tengo sulla scrivania e anche questo tiene desto il ricordo e la gratitudine senza limiti».

13 giugno 2022