Consultorio Al Quadraro: adolescenti, richieste di aiuto triplicate
L’esperienza del centro diocesano. Lania, psicologa: l’impegno per un accompagnamento a chiunque ne faccia richiesta. «Operiamo solo in presenza»
Nell’ultimo anno la richiesta di presa in carico da parte degli adolescenti registrata dal Consultorio familiare Al Quadraro «è triplicata». A spiegare come la pandemia e il relativo cambiamento delle abitudini «hanno generato nuovi disturbi e acuito e amplificato situazioni di disagio emotivo preesistenti » è Tiziana Lania, psicologa e psicoterapeuta, che nella struttura diocesana – attiva dal 1993 a via Tuscolana – si occupa del servizio di accoglienza dei più giovani. «Quella che stiamo vivendo è una vera e propria fase di emergenza rispetto agli adolescenti – dice -, per questo motivo stiamo lavorando e facendo leva su tutte le nostre risorse per riuscire a garantire un accompagnamento a chiunque ne faccia richiesta, senza alcuna lista d’attesa ».
Per l’esperta è importante mettere in luce come «sono gli stessi adolescenti, che devono sempre essere accompagnati da un genitore nella fase della richiesta iniziale, a chiedere aiuto». Infatti, se prima della emergenza pandemica legata al Covid-19 «l’adolescente veniva controvoglia e poco motivato – continua -, oggi è interessato in prima persona, da protagonista, a trovare una soluzione al suo problema e per noi è assolutamente importante non perdere questo momento di “aggancio” che il giovane crea»; da qui l’obiettivo «di attuare la presa in carico al massimo nel giro di due settimane». Ancora, la scelta di «operare unicamente in presenza, senza proporre mai un intervento da remoto», tenuto anche conto «dell’uso-abuso del digitale e di quanto gli adolescenti facciano in generale ricorso alla tecnologia per evadere e trascorrere questo tempo dilatato che si trovano a vivere, oltre che per la didattica a distanza, che li pone al di fuori del circuito della relazione con i pari, importantissima alla loro età».
Lania osserva quindi quanto l’isolamento provocato dai lockdown e dalle restrizioni «ha avuto ricadute di diverso tipo sui più giovani: dai sintomi depressivi, anche piuttosto seri e che talvolta hanno richiesto un consulto psichiatrico, alle condotte autolesionistiche, che all’adolescente sembrano offrire, intervenendo a livello fisico, un sollievo da emozioni e sentimenti pesanti che non sa gestire, fino ad arrivare ai casi di tentato suicidio». Molti manifestano poi «uno stato d’animo continuo di paura e di preoccupazione in relazione alla famiglia – illustra ancora Lania -, sia per la salute sia per una situazione economica che vedono modificata a causa magari della perdita del lavoro da parte dei genitori, a loro volta emotivamente coinvolti in situazioni problematiche tali da impedire di cogliere fino in fondo quanto la pandemia sia stata e sia destabilizzante per i propri figli».
Oltre a questi giovani più spaventati, che si affiancano a «coloro che già prima vivevano un’ansia sociale, stando bene chiusi in casa – sono ancora le parole della
specialista -, ci sono quelli che, al contrario, manifestano atteggiamenti di sfida, andando contro le regole, magari uscendo senza mascherina o organizzando raduni e risse». Si tratta «di un modo per sfogare, pur senza logica, la rabbia e di riprendersi quelle esperienze che ritengono siano state loro rubate dalle necessarie restrizioni, come le feste di compleanno, i viaggi, le gite di istruzione e i campionati sportivi». Spesso, conclude Lania, «atteggiamenti aggressivi si manifestano anche verso i genitori, soprattutto laddove le regole vengano irrigidite, amplificando così una contrapposizione e una distanza che sfociano poi in violenza fisica».
20 aprile 2021