Contro la corruzione, un’assunzione di responsabilità «a tutti i livelli»

Alla Lateranense la tavola rotonda sul fenomeno in Italia. Piercamillo Davigo: il Paese soffre di un «sistema criminale diffusissimo»

Alla Lateranense la tavola rotonda sul fenomeno in Italia. Davigo: il Paese soffre di un «sistema criminale diffusissimo». Bindi: «Tra i Paesi più corrotti al mondo»

Penultima nel 2015 nella classifica europea dei Paesi con il più basso grado di corruzione percepita, sessantunesima nella classifica mondiale. L’Italia soffre di un «sistema criminale diffusissimo», sistema «del tutto analogo a Cosa Nostra», cioè la corruzione nella pubblica amministrazione. Un paragone sottolineato da Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, intervenuto ieri, lunedì 24 ottobre, alla tavola rotonda “La corruzione in Italia. Prevenzione e contrasto” organizzata alla Pontificia Università Lateranense. «Come il boss lascia in eredità i luoghi dove riscuotere il pizzo, così i nuovi impiegati seguono l’esempio dei vecchi», ha detto Davigo, che ha parlato anche della normativa sugli appalti giudicandola poco utile per contrastare questo fenomeno: «Per sconfiggere la corruzione non servono aumenti di pena. La cosa migliore da fare sarebbe mettere in campo ufficiali sotto copertura che quando ricevono minacce arrestano il delinquente».

Operazioni necessarie, dal momento che una delle caratteristiche della corruzione è quella di restare nascosta. Infatti, «spesso viene scoperta in maniera casuale durante la ricerca di prove per altri comportamenti illeciti», spiega Nicoletta Parisi, consigliera dell’Autorità nazionaleanticorruzione, che indica come è cambiata la struttura del fenomeno corruttivo: «Prima il funzionario si metteva al servizio del politico, adesso il funzionario e il politico si mettono al servizio della criminalità organizzata». Lo conferma anche la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi: «In Italia la mafia non ha bisogno di sparare perché sa trovare strumenti che creano consenso. È più facile corrompere che sparare». Secondo Bindi, «esiste la possibilità di affrancarci dalla cattiva reputazione che ci fa tanto male, che deriva dalla percezione che si ha dell’Italia e che gli italiani stessi hanno del proprio Paese», oltre che dalle «statistiche che continuano a collocarci tra i Paesi più corrotti del mondo». Ma serve un’assunzione di responsabilità a tutti i livelli. «La responsabilità principale risiede nella politica. Si può e si deve fare meglio – ha concluso – ma un segnale è stato dato».

Bindi, che cita le parole del Papa pronunciate più volte contro la corruzione, ricorda l’audizione in Commissione del governatore della Banca d’Italia: «Ci ha detto che la presenza della corruzione in Italia tiene lontano gli investimenti nel nostro Paese molto di più delle complicazioni relative alle leggi e ai processi». Ecco perché i danni causati dalla corruzione sono gravissimi «sia per l’economia che per la vita democratica, mentre la sfiducia delle persone nelle istituzioni e nella vita pubblica è molto forte».

Un vulnus normativo sul quale lavorare, secondo i partecipanti alla tavola rotonda, resta la regolamentazione della prescrizione estesa a 18 anni per i reati legati alla corruzione con la legge 69 del 2015. «Non è facile individuare quando comincia effettivamente», spiega Parisi. Se «il nuovo codice sugli appalti non è perfetto ma è un passo avanti – secondo Bindi -, le nuove norme sul falso in bilancio, sul riciclaggio, l’istituzione dell’Autorità anticorruzione sono segnali in controtendenza». Ma per fermare la corruzione, secondo Salvatore Sfrecola, a lungo presidente di sezione della Corte dei conti, «è necessario evitare che il corruttore guadagni. Spesso si fa un acquisto o si decide di realizzare un’opera per fare guadagnare un imprenditore. In altri casi invece le opere pubbliche costano più del prezzo inizialmente stabilito – spiega -. E quest’aumento del prezzo si giustifica con un rallentamento dei lavori o con delle varianti al progetto iniziale. Ma possono essere dei sistemi per remunerare un imprenditore che ha pagato una mazzetta».

25 ottobre 2016