De Donatis ai nuovi sacerdoti: «La vigna che troverete è il miglior seminario»
La Messa per le ordinazioni nella basilica di San Giovanni in Laterano. L’invito a «non essere leader ma servi inutili» e a «”perdere tempo” sulle Scritture ogni giorno»
Cinque nuovi operai nella messe del Signore, per continuare la sua missione di maestro e pastore nella diocesi di Roma. Cinque nuovi sacerdoti che si impegnano a essere «liberi, trasparenti e semplici», capaci di tralasciare «l’ecclesialese e l’indifferenza travestita da buona educazione» per «amare davvero il presbiterio diocesano». Simone Bellato, Diego Del Fa, Mario Mesolella, Francesco Palazzo – formatisi al Pontificio Seminario Romano Maggiore – e Jorge Gomis Coloma – del Collegio diocesano Redemptoris Mater – sabato pomeriggio, 3 ottobre, hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale dal cardinale vicario Angelo De Donatis, il quale ha confidato la sua commozione perché dopo tanti anni la Messa per le ordinazioni presbiteriali è stata celebrata nella basilica di San Giovanni in Laterano anziché a San Pietro. «È un evento per la Chiesa di Roma», ha detto il porporato, raccomandando agli ordinandi di non essere «leader» nella vigna del Signore ma «servi inutili» e di non agire «da padroni» bensì «da pastori».
In realtà se non ci fosse stata la pandemia la celebrazione si sarebbe dovuta tenere a San Pietro con Papa Francesco nel maggio scorso. Il coronavirus ha stravolto tempi e luoghi della liturgia cosicché il colore bianco delle vesti liturgiche dei numerosi concelebranti – tra i quali i rettori dei seminari dei candidati e alcuni vescovi ausiliari – ha “illuminato” la cattedrale di Roma nella quale si sono ritrovati i soli familiari e amici degli ordinati seduti distanziati tra loro.
Guardando alle comunità che i cinque sacerdoti guideranno in futuro, il consiglio del cardinale è quello di lasciarsi «formare dalla vigna» che troveranno perché «essa è il miglior seminario. È la consuetudine con la vigna che rende esperto l’operaio», ha aggiunto il vicario del Papa per la diocesi di Roma, dinanzi al quale gli ordinandi, inginocchiati e con le mani congiunte in quelle del porporato, hanno espresso la volontà di servire il Signore e promesso obbedienza al Papa e ai superiori. Aiutare il popolo a «produrre i frutti dello Spirito Santo» e cioè «la gioia, l’amore, la pace, la fede che spera, il discernimento», è l’obiettivo pastorale che i sacerdoti devono perseguire, come indicato durante l’omelia da De Donatis, che li ha anche messi in guardia «dal successo sterile, fatto di luci che brillano, di protagonismi momentanei, di visioni corte e miopi».
Descrivendo i compiti a cui i nuovi sacerdoti sono chiamati, il cardinale vicario ha suggerito di «”perdere tempo” sulle Sante Scritture ogni giorno», per non farsi «accecare dalla fretta della gratificazione» e non farsi risucchiare «dall’accidia pastorale». Sorretti dalla preghiera, i presbiteri saranno in grado «di pensare con calma al vero bene» e potranno dare testimonianza di una fede autentica e «non di un credere generico». Oltre al richiamo di non ridursi «a fare gli amministratori che tirano avanti con le solite iniziative», dal porporato anche l’amara constatazione che Roma non è più cristiana. «Quasi il 50% dei nuovi nati nella nostra città non riceve più il battesimo – ha affermato -. Abbiate quel santo disincanto che apre la strada alla fede che sposta le montagne. Non è importante che siate “bravi” ma che diventiate dei servi buoni e fedeli». La missione alla quale i nuovi sacerdoti romani sono chiamati è irta di difficoltà ma devono tener bene a mente che «l’umiltà risolve tutti i problemi». Infine, dal cardinale l’invito a «generare comunità di credenti» e l’incoraggiamento ad andare nella vigna del Signore che «aspetta di essere coltivata. Non è impresa facile ma il vino alla fine sarà buonissimo».
Il rito di ordinazione, animato dal Coro della diocesi di Roma diretto da monsignor Marco Frisina, ha visto la chiamata nominale di ogni diacono seguita dalla risposta «eccomi», il lungo momento di preghiera degli ordinandi prostrati ai piedi dell’altare mentre l’assemblea intonava le litanie dei santi, quindi l’unzione dei palmi delle mani di ciascun ordinato per rimarcare la prerogativa a loro affidata di consacrare il Pane e il Vino sull’altare.
5 ottobre 2020