“Domani è un altro giorno”, la centralità dell’amicizia

Il copione tratto da una pellicola spagnola-argentina. Anche i temi della famiglia e della malattia nel film interpretato da Mastandrea e Giallini

Tommaso esce di casa una mattina in un paesaggio circostante innevato. Saluta la moglie, bacia i figli, quindi va all’aeroporto. Un volo che dal Canada, dove risiede, lo porta a Roma, dove invece atterra in una bella giornata di sole. Prende alloggio in un albergo vicino al Colosseo, e infine suona all’appartamento che ben conosce. Ad aprirgli c’è Giuliano, tra i due subito un grande abbraccio…

Comincia così “Domani è un altro giorno”, film italiano uscito in sala il 28 febbraio. A proposito del quale facciamo subito quella annotazione che è inevitabile sotto il profilo della documentazione: il copione è tratto da “Truman”, film spagnolo/argentino scritto da Tomas Aragay e Cesc Gay e da quest’ultimo diretto, visto anche in Italia. Il dovere di cronaca esaurisce però anche i punti di contatto, lasciando campo libero per cambiamenti che toccano contesto ambientale, modi di comportarsi, caratteri individuali, tutti riconducibili al nodo narrativo centrale.

Quasi subito, l’incontro tra i due non può nascondere il motivo dominate del rientro di Tommaso a Roma: Giuliano è condannato da una diagnosi terminale. Tommaso a sua volta afferma che potrà fermarsi a Roma solo quattro giorni durante i quali ci sarà la possibilità di parlarsi, spiegarsi, mettere a tacere incomprensioni ed equivoci del passato, e arrivare ad una nuova modalità di comprensione. Cosa succede in una storia che dichiara subito un linea obbligatoria di percorso, e deve, di necessità, ruotare intorno ad un unico argomento? Come si comportano i due protagonisti, messi l’uno di fronte all’altro con pochi margini di movimento?

Emerge l’importanza dei caratteri, delle reazioni, della volontà di tenere nascosti i sentimenti o rivelarli secondo una scaletta di profonda emotività. Dall’iniziale camera d’albergo, Tommaso si trasferisce in casa di Giuliano per alleviare le durezza della sua vita da solo. Nei due giorni successivi, c’è tempo per incontrare colleghi di Giuliano, che fa l’attore e recita a teatro, vedere alcuni conoscenti, addirittura andare a Barcellona con un blitz per salutare Leo, il figlio ventenne di Giuliano. Quando arriva il momento del rientro e la fine dell’incontro, il saluto conclusivo è secco e essenziale come quello dell’inizio. È proprio nel finale che va riletto il film alla luce dell’amicizia come motore mai troppo nascosto dell’azione.

L’amicizia resta del tutto centrale, cementata con grande profondità di sentimenti e di valori comuni. Giuliano e Tommaso vivono rapporti non facili, talvolta aspri e scontrosi, in fondo ai quali però prevalgono sempre comprensione e adesioni alle mancanze dell’altro. Tommaso non fa sconti sulla malattia dell’amico e Giuliano non li concede, sembrano avversari ma la solidarietà li unisce al di sopra di tutto. Improntato ad uno sguardo malinconico e intriso di dolore talvolta trattenuto, il copione si forza di restare equidistante da facile commozione e da trattenuta rabbia esistenziale.

Semmai va detto che l’indubbia bravura dei due protagonisti (Valerio Mastandrea/Tommaso e Marco Giallini/Giuliano) corre il rischio di schiacciare la vicenda, di togliere quel respiro che sarebbe stato necessario per arrivare con maggiore vigore all’atto conclusivo. Film comunque di pregio, da vedere per parlare opportunamente di temi, quali amicizia, malattia, famiglia.

4 marzo 2019