Francesco: «La pena di morte è inammissibile»
Il videomessaggio inviato dal Papa al Congresso mondiale contro la pena capitale, a Oslo: «Uccidere un reo non ha niente a che vedere con la giustizia»
Il videomessaggio inviato dal Papa al Congresso mondiale contro la pena capitale, a Oslo: «Uccidere un reo non ha niente a che vedere con la giustizia»
Qualsiasi sia il reato, «la pena di morte è inammissibile». Papa Francesco lo afferma senza mezzi termini nel videomessaggio inviato ieri, 21 giugno, al Congresso mondiale contro la pena di morte apertosi a Oslo. Un appuntamento promosso dalla Ong francese “Ensemble contre la peine de mort” e dalla “World Coalition Against Death Penalty”, di cui fanno parte circa 140 organizzazioni da tutto il mondo. «Spero che questo Congresso possa dare nuovo impulso – le parole del pontefice – all’impegno per l’abolizione della pena capitale».
Francesco si sofferma sulla «crescente opposizione» contro la pena di morte, «anche come strumento legittimo di difesa sociale». Uccidere un reo, spiega, «non ha niente a che vedere con la giustizia» perché «stimola a considerare un condannato con implacabile disumanità e quasi mai come qualcuno che possa riscattarsi». Proprio per questo, continua il Papa, si tratta di una pena «inammissibile»: un «affronto all’inviolabilità della vita e della dignità della persona umana che contraddice il disegno di Dio sull’uomo, la società e la sua giustizia misericordiosa». In più, «non rende giustizia alle vittime ma incoraggia la vendetta. Il comandamento “Non uccidere” ha un valore assoluto e riguarda sia l’innocente sia il colpevole».
Proprio l’Anno Santo dedicato alla misericordia allora può essere «una buona occasione», rileva il pontefice, per «promuovere nel mondo forme sempre più mature di rispetto per la vita e la dignità di ogni persona», giacché «il diritto inviolabile alla vita, dono di Dio, appartiene anche a chi ha commesso un crimine». Quindi un incoraggiamento «a lavorare non solo per l’abolizione della pena di morte ma anche per il miglioramento delle condizioni della detenzione, a rispettare pienamente la dignità umana delle persone private della libertà. “Fare giustizia” – osserva Francesoc – non significa una pena fine a se stessa ma che le pene hanno come scopo principale la riabilitazione del reo».
La questione, per il Papa, va inserita nell’ottica di «una giustizia penale aperta alla speranza di reinserimento del reo nella società. Non c’è nessuna pena valida – conclde – senza la speranza. Una pena chiusa in se stessa, che non porta alla speranza, è una tortura, non una pena».
22 giugno 2016