Francesco: «Pregare da figli, non da schiavi»
La preghiera al centro della catechesi nell’udienza generale, in piazza San Pietro. Dono dello Spirito, «è l’unico “potere” che abbiamo sullo Spirito di Dio: lui non resiste»
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
L’azione santificatrice dello Spirito Santo, oltre che attraverso la Parola di Dio e i sacramenti, si esplica nella preghiera, ed è a questa che vogliamo dedicare la riflessione di oggi: la preghiera. Lo Spirito Santo è nello stesso tempo soggetto e oggetto della preghiera cristiana. Egli, cioè, è Colui che dona la preghiera ed è Colui che è donato dalla preghiera. Noi preghiamo per ricevere lo Spirito Santo e riceviamo lo Spirito Santo per poter pregare veramente, cioè da figli di Dio, non da schiavi. Pensiamo un po’ a questo: pregare da figli di Dio, non da schiavi. Si deve pregare sempre con libertà. “Oggi devo pregare questo, questo, questo, questo, perché io ho promesso questo, questo, questo… Altrimenti andrò all’inferno!”. No, questo non è preghiera. La preghiera è libera. Tu preghi quando lo Spirito ti aiuta a pregare. Tu preghi quando senti nel cuore il bisogno di pregare; e quando non senti nulla, fermati e domandati: perché non sento la voglia di pregare, cosa succede nella mia vita? Sempre, la spontaneità nella preghiera è quello che ci aiuta di più. Questo vuol dire pregare da figli, non da schiavi.
Anzitutto, dobbiamo pregare per ricevere lo Spirito Santo. C’è, a questo riguardo, una parola ben precisa di Gesù nel Vangelo: «Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!» (Lc 11,13). Ognuno, ognuno di noi, ai piccolini sappiamo dare le cose buone, siano i figli, siano i nipoti o gli amici. I piccolini sempre ricevono da noi cose buone. E come il Padre non darà lo Spirito a noi? E questo ci dà coraggio e possiamo andare avanti. Nel Nuovo Testamento vediamo lo Spirito Santo discendere sempre durante la preghiera. Scende su Gesù nel battesimo al Giordano, mentre «stava in preghiera» (Lc 3,21); e scende a Pentecoste sui discepoli, mentre «erano perseveranti e concordi nella preghiera» (At 1,14).
È l’unico “potere” che abbiamo sullo Spirito di Dio. Il potere della preghiera: lui non resiste alla preghiera. Preghiamo e viene. Sul Monte Carmelo i falsi profeti di Baal – ricordate quel passo della Bibbia – si agitavano per invocare il fuoco dal cielo sul loro sacrificio, ma non accadde nulla, perché erano idolatri, adoravano un dio che non esiste; Elia si mise in preghiera e il fuoco scese e consumò l’olocausto (cfr 1 Re 18,20-38). La Chiesa segue fedelmente questo esempio: ha sempre sulla bocca l’implorazione “Vieni! Vieni!” ogni volta che si rivolge allo Spirito Santo. “Vieni!”. E lo fa soprattutto nella Messa perché discenda come rugiada e santifichi il pane e il vino per il sacrificio eucaristico.
Ma c’è anche l’altro aspetto, che è il più importante e incoraggiante per noi: lo Spirito Santo è Colui che ci dona la vera preghiera. San Paolo afferma questo: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede per i santi secondo i disegni di Dio» (Rm 8,26-27).
È vero, noi non sappiamo pregare, non sappiamo. Dobbiamo imparare ogni giorno. Il motivo di questa debolezza della nostra preghiera veniva espresso in passato in una sola parola, usata in tre modi diversi: come aggettivo, come sostantivo e come avverbio. È facile da ricordare, anche per chi non sa di latino, e vale la pena tenerlo a mente, perché da solo contiene un intero trattato. Noi esseri umani, diceva quel detto, “mali, mala, male petimus”, che vuol dire: essendo cattivi (mali), chiediamo cose sbagliate (mala) e in modo sbagliato (male). Gesù dice: «Cercate prima il Regno di Dio e il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6,33); noi invece cerchiamo prima di tutto il sovrappiù, cioè i nostri interessi – tante volte! -, e ci dimentichiamo del tutto di chiedere il Regno di Dio. Chiediamo al Signore il Regno, e tutto viene con esso.
Lo Spirito Santo viene, sì, in soccorso della nostra debolezza, ma fa qualcosa di molto importante ancora: ci attesta che siamo figli di Dio e mette sulle nostre labbra il grido «Padre!» (Rm 8,15; Gal 4,6). Noi non possiamo dire “Padre, Abba” senza la forza dello Spirito Santo. La preghiera cristiana non è l’uomo che da un capo del telefono parla a Dio all’altro capo, no, è Dio che prega in noi! Preghiamo Dio per mezzo di Dio. Pregare è mettersi dentro Dio e che Dio entri dentro di noi.
È proprio nella preghiera che lo Spirito Santo si rivela come “Paraclito”, cioè avvocato e difensore. Non ci accusa davanti al Padre, ma ci difende. Sì, ci difende, ci convince del fatto che siamo peccatori (cfr Gv 16,8), ma lo fa per poterci far gustare la gioia della misericordia del Padre, non per distruggerci con sterili sensi di colpa. Anche quando il nostro cuore ci rimprovera di qualcosa, Egli ci ricorda che «Dio è più grande del nostro cuore» (1 Gv 3,20). Dio è più grande del nostro peccato. Tutti siamo peccatori… Pensiamo: forse qualcuno di voi – non so – ha tanta paura per le cose che ha fatto, ha paura di essere rimproverato da Dio, ha paura di tante cose e non riesce a trovare pace. Mettiti in preghiera, chiama lo Spirito Santo e Lui ti insegnerà come chiedere perdono. E sapete una cosa? Dio non sa molta grammatica e quando noi chiediamo perdono, non ci lascia finire! “Per…” e lì, non ci lascia finire la parola perdono. Ci perdona prima, ci perdona sempre, è sempre accanto a noi per perdonarci, prima che noi finiamo la parola “perdono”. Diciamo “per…” e il Padre ci perdona sempre.
Lo Spirito Santo intercede per noi e ci insegna anche a intercedere, a nostra volta, per i fratelli; ci insegna la preghiera di intercessione: pregare per questa persona, pregare per quel malato, per quello che è in carcere, pregare…; pregare per la suocera pure, e pregare sempre, sempre. Questa preghiera è particolarmente gradita a Dio perché è la più gratuita e disinteressata. Quando ognuno prega per tutti, avviene – lo diceva Sant’Ambrogio – che tutti pregano per ognuno; la preghiera si moltiplica. La preghiera è così. Ecco un compito tanto prezioso e necessario nella Chiesa, in particolare in questo tempo di preparazione al Giubileo: unirci al Paraclito che «intercede per tutti noi secondo i disegni di Dio».
Ma non pregare come i pappagalli, per favore! Non dire “bla, bla, bla…”. No. Di’: “Signore”, ma dillo con il cuore. “Aiutami, Signore”, “Ti voglio bene, Signore”. E quando pregate il Padre Nostro, pregate “Padre, Tu sei il mio Padre”. Pregate con il cuore e non con le labbra, non fare come i pappagalli. Lo Spirito possa aiutarci nella preghiera, che tanto ne abbiamo bisogno! Grazie.
6 novembre 2024