Francesco: «Viviamo una terza guerra mondiale a pezzi, ma non in agonia»
A Lisbona per la Gmg, il Papa ha incontrato i giovani universitari, spiegando la portata universale del termine “pellegrino”. L’esortazione: «Sostituire le paure coi sogni»
«Cercare e rischiare». Sono i verbi dei pellegrini che Papa Francesco ha indicato questa mattina, 3 agosto, agli universitari di Lisbona, incontrandoli nella sede dell’Università cattolica portoghese. «Ognuno – ha detto – è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre». Di qui la portata universale del termine “pellegrino”. «Diffidiamo delle formule prefabbricate, che sono labirintiche, delle risposte che sembrano a portata di mano, sfilate dalla manica come carte da gioco truccate – ha esortato -. Diffidiamo di quelle proposte che sembrano dare tutto senza chiedere nulla».
Prendendo a prestito le parole di Pessoa, il pontefice ha ricordato che «essere insoddisfatti è essere uomini». Proprio per questo, «non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti. Essere insoddisfatti, in questo senso e nella giusta misura, è un buon antidoto contro la presunzione di autosufficienza e il narcisismo – ha spiegato -. L’incompletezza caratterizza la nostra condizione di cercatori e pellegrini perché, come dice Gesù, “siamo nel mondo, ma non siamo del mondo”. Siamo chiamati a qualcosa di più, a un decollo senza il quale non c’è volo». Nessuna paura, dunque. «Preoccupiamoci piuttosto quando siamo disposti a sostituire la strada da fare con un qualsiasi punto di ristoro, purché ci dia l’illusione della comodità – ha continuato Bergoglio -; quando sostituiamo i volti con gli schermi, il reale con il virtuale; quando, al posto delle domande che lacerano, preferiamo le risposte facili che anestetizzano».
Ai giovani, il Papa ha rivolto quindi il doppio imperativo: «Cercate e rischiate. In questo frangente storico – ha affermato – le sfide sono enormi e i gemiti dolorosi, stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi, ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Siate protagonisti di una nuova coreografia che metta al centro la persona umana – l’esortazione -, siate coreografi della danza della vita. Abbiate il coraggio di sostituire le paure coi sogni: non amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!».
Guardando poi al ruolo dell’università, Francesco ha sottolineato che «se la conoscenza non viene accolta come responsabilità, diventa sterile. Se chi ha ricevuto un’istruzione superiore, che oggi, in Portogallo e nel mondo, rimane un privilegio, non si sforza di restituire ciò di cui ha beneficiato, non ha capito fino in fondo cosa gli è stato offerto. Chiediamocelo – ha continuato -: dove sono? Me ne sto chiuso nella mia bolla o corro il rischio di uscire dalle mie sicurezze per diventare un cristiano praticante, un artigiano di giustizia e di bellezza? E ancora: Dov’è mio fratello?». Nell’analisi del Papa, «il titolo di studio non deve essere visto solo come una licenza per costruire il benessere personale, ma come un mandato per dedicarsi a una società più giusta e inclusiva, cioè più progredita. Voi, cari studenti, pellegrini del sapere, cosa volete vedere realizzato in Portogallo e nel mondo? Quali cambiamenti, quali trasformazioni? E in che modo l’università, soprattutto quella cattolica, può contribuirvi?», le domande rivolte ai presenti.
La consegna è ambiziosa: «Questo anziano che vi parla – sono ancora le parole di Bergoglio – sogna che la vostra generazione divenga una generazione di maestri. Maestri di umanità. Maestri di compassione. Maestri di nuove opportunità per il pianeta e i suoi abitanti. Maestri di speranza, maestri che diventano custodi del pianeta devastato da una catastrofe ecologica». Riconoscendo l’«urgenza drammatica di prenderci cura della casa comune», il pontefice ha sottolineato che «ciò non può essere fatto senza una conversione del cuore e un cambiamento della visione antropologica alla base dell’economia e della politica. Non ci si può accontentare di semplici misure palliative o di timidi e ambigui compromessi», è il monito. Di qui la necessità di «farsi carico di quello che purtroppo continua a venir rinviato: la necessità di ridefinire ciò che chiamiamo progresso ed evoluzione. Perché, in nome del progresso, si è fatto strada il regresso. Voi siete la generazione che può vincere questa sfida», l’incoraggiamento ai giovani. Al patto di non cadere nella «trappola di visioni parziali. Non dimenticate che abbiamo bisogno di un’ecologia integrale, di ascoltare la sofferenza del pianeta insieme a quella dei poveri; di mettere il dramma della desertificazione in parallelo con quello dei rifugiati; il tema delle migrazioni insieme a quello della denatalità; di occuparci della dimensione materiale della vita all’interno di una dimensione spirituale. Non polarizzazioni, ma visioni d’insieme», ha esortato.
Da ultimo, l’invito a «rendere la fede credibile attraverso le scelte. Perché se la fede non genera stili di vita convincenti, non fa lievitare la pasta del mondo. Le nostre azioni sono chiamate a riflettere la bellezza, gioiosa e insieme radicale, del Vangelo». La tesi di Francesco è che «il cristianesimo non può essere abitato come una fortezza circondata da mura, che alza bastioni nei confronti del mondo. In ogni epoca uno dei compiti più importanti per i cristiani è recuperare il senso dell’incarnazione. Senza l’incarnazione, il cristianesimo diventa ideologia; è l’incarnazione che permette di essere stupiti dalla bellezza che Cristo rivela attraverso ogni fratello e sorella, ogni uomo e donna». In questa direzione, «è indispensabile», per il Papa, «il contributo femminile». Infine, l’invito a «studiare il Patto educativo globale e appassionarvene. Uno dei punti che tratta è l’educazione all’accoglienza e all’inclusione – ha spiegato -. Ogni volta che qualcuno pratica un gesto di ospitalità, provoca una trasformazione».
3 agosto 2023