I professionisti della sanità e la sfida del “fare rete”

Incontro, confronto, collaborazione: queste le dimensioni evidenziate da direttori generali di ospedali e Asl della Capitale nell’incontro per il Cammino sinodale diocesano

Sono stati i protagonisti indiscussi dei mesi bui della pandemia, sono stati definiti “eroi” per la loro abnegazione ai malati e hanno ricevuto lunghi applausi dai balconi. Il graduale ritorno alla normalità li ha riportati agli onori della cronaca, protagonisti, questa volta, di aggressioni sempre più frequenti da parte di chi li ritiene responsabili delle carenze nella sanità. Qual è oggi lo stato d’animo degli operatori sanitari romani? Ieri sera, 16 marzo, per la prima volta il Centro diocesano per la pastorale sanitaria di Roma si è messo in ascolto delle preoccupazioni e dei pensieri dei direttori generali delle strutture ospedaliere e delle Asl della Capitale e ha accolto i loro suggerimenti, durante un incontro organizzato nell’ambito del Cammino sinodale diocesano.

Nella Sala Poletti del Vicariato il vescovo delegato per la Pastorale sanitaria nella diocesi di Roma Paolo Ricciardi ha ringraziato i sanitari che nei mesi peggiori della pandemia «non solo si sono presi cura dei malati ma hanno esternato grande attenzione verso l’essere umano» riuscendo, in alcuni casi, a sopperire alla lontananza forzata dei familiari. Ha quindi rimarcato che «in questo tempo delicato e difficile la condivisione è l’occasione favorevole per unire le forze e creare una rete di prossimità per andare incontro a tante situazioni di fragilità». Dopo la pandemia, dalla quale si fatica ancora ad uscire, il mondo è oggi scosso dal dramma della guerra in Ucraina. «Ci aspettiamo un’ondata di persone fragili che necessiteranno di assistenza», ha affermato don Carlo Abbate, addetto del Centro diocesano, chiedendo ai sanitari «di stare in allerta» sia per offrire cure ai profughi sia per fornire i farmaci richiesti dall’Ucraina e dai Paesi confinanti. Il numero dei profughi in arrivo a Roma «cresce di giorno in giorno», ha rimarcato don Paolo Salvini, vice direttore della Caritas diocesana, che ha voluto sottolineare «la generosità delle tante persone, delle comunità parrocchiali e religiose che si sono offerte di ospitare chi fugge dalla guerra. Ora più che mai è importante creare una rete di prossimità sociale per dare risposte all’accompagnamento di tutta questa gente».

Passione e fatica i termini maggiormente usati per descrivere i periodi più pesanti della pandemia, che ha visto gli ospedali in grande affanno. Il Covid-19 ha rappresentato «un momento davvero duro, con professionisti sconfortati ma al tempo stesso pieni di coraggio», ha ricordato Tiziana Frittelli, direttore generale dell’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata. Per Giuseppe Salzano, direttore amministrativo dell’Ospedale San Pietro, gli ultimi due anni «sono stati all’insegna della resilienza» e come tutti, guardando al futuro, auspica in una «proficua collaborazione». Pietro Scanzano, direttore sanitario dell’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta, «stupito di come abbia retto il sistema nell’emergenza», si è detto «contento della rete informale di collaborazione e di fiducia che si è attivata per la prima volta».

Da Fabrizio D’Alba, direttore generale del policlinico Umberto I, il «timore dell’oblio», con il ritorno alla normalità, e un richiamo a «non perdere il valore di centralità e di squadra ottenuto in questi anni». Il direttore generale del Policlinico Universitario Tor Vergata Giuseppe Quintavalle ha colto l’occasione per «sfatare il mito dei medici eroi. Ho visto sanitari eroi – ha detto – ma anche camici bianchi scappare dalla corsia». Ha quindi rimarcato che gli piacerebbe «mantenere la dimensione di incontro e di confronto» e «valorizzare la rete»; invito, quest’ultimo, rilanciato da Paolo Sormani, direttore generale del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, e da Angelo Tanese direttore generale della Asl Roma 1, che ha proposto di allargarla anche alle «parrocchie, per sensibilizzare le comunità sui temi della salute».

La collaborazione tra enti, la vicinanza, la solidarietà, per Adriano Marcolongo, direttore generale dell’Ospedale Sant’Andrea, si sono rivelate le carte vincenti che «hanno infuso fiducia per superare le fasi più drammatiche della pandemia». Gli ha fatto eco Marco Elefanti, direttore generale della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli, per il quale «bisogna concentrarsi sulla collaborazione e sulla fiducia, elementi caratterizzanti di questo periodo». La rete è quindi un’opportunità che non deve andare sprecata per mettere il cittadino «al centro, sempre, non solo durante i drammi», ha aggiunto Narciso Mostarda, direttore generale del San Camillo Forlanini. Edoardo Alesse, direttore generale della Fondazione Santa Lucia, ha posto l’accento sull’importanza di ricreare «occasioni di ascolto di cui soprattutto in questo momento c’è tanto bisogno». Il direttore generale della Asl Roma 2 Giorgio Casati ha ricordato «la paura e la frustrazione provata in alcuni momenti», stati d’animo spesso superati anche grazie «a rapporti di collaborazione reali costruiti in questi anni».

17 marzo 2022