Il cardinale Vallini: un appello per la riscossa di Roma
La presentazione della Lettera alla città, a San Giovanni con D’Agostino, Feroci, Frudà e Manna. L’invito all’impegno dei cristiani
La presentazione della Lettera alla città, a San Giovanni con D’Agostino, Feroci, Frudà e Manna. Invito ai cristiani: impegno per una città degna dell’uomo
Liberare energie nuove per svegliare Roma dal torpore e dall’indifferenza da cui è avvolta. Una nebbia che circonda il cuore dell’uomo, confonde i contorni del proprio essere e fa annegare desideri e sogni. Questo l’obiettivo della Lettera alla città presentata dal cardinale vicario Agostino Vallini, ieri sera, 5 novembre, nella basilica di San Giovanni in Laterano, nata dopo più di un anno di lavoro del Consiglio pastorale diocesano. Un’analisi della città fatta, oltre che dal cardinale Vallini, anche dal giurista Francesco d’Agostino, dai sociologi Elisa Manna e Luigi Frudà, e dal direttore della Caritas diocesana Enrico Feroci. Un dialogo a più voci moderato dal giornalista del Tg1 Piero Damosso.
«Scopo del documento – ha detto il porporato – è condividere, essere compagni di strada di tutti gli uomini di buona volontà». L’imminente Giubileo diventa un tempo propizio «per riconsiderare i valori fondamentali e ripensare i propri atteggiamenti e comportamenti quotidiani». Un’occasione per rimettere in equilibrio le relazioni umane e sociali. Forte l’invito «a una riscossa spirituale, morale e civile». In questo cammino «la Chiesa di Roma desidera vivere il Giubileo offrendo percorsi spirituali che aiutino a superare le incoerenze personali e a dare un nuovo respiro interiore e impulso per una più matura e responsabile testimonianza umana e cristiana». Oggi Roma, ha analizzato il cardinale, «è afflitta da varie malattie che hanno indebolito il tessuto sociale e le stesse istituzioni. La nostra città è stata colpita da una diffusa anemia spirituale. Il Giubileo può essere un anno di presa di coscienza della realtà e di cura con un’energica terapia che immetta nel corpo sociale sangue ossigenato per liberarlo come da una gabbia di stanchezza, affaticamento, rassegnazione, rinuncia e rianimarlo, riattivando e sviluppando le tante risorse presenti in città». Un cammino per superare l’inquinamento dello spirito che rende la vita più cupa e fa smarrire la speranza.
Molte le sfide. Nella lettera Vallini tratteggia una città sofferente dove crescono impoverimento urbanistico e ambientale, povertà e squilibri sociali. Corruzione, «non solo a quella conosciuta dalle indagini giudiziarie» sottolinea il cardinale, «ma quella indotta dalla diffusa mentalità prodotta da tossine che hanno infettato il corpo sociale così da tollerare, se non proprio da legittimare, l’illegalità». Forte l’invito affinché la testimonianza dei cristiani scuota le coscienze impigrite o addormentate, susciti stupore e rimetta in circolo comportamenti virtuosi con ricadute positive negli ambienti di vita. Infatti «i laici cristiani sono i primi ad avviare la riscossa di Roma per condividere con tutti obiettivi e progetti per una città degna dell’uomo. Se la luce di Dio non rischiara e riscalda la vita, l’orizzonte dell’uomo rischia di diventare angusto, freddo si rimpicciolisce». «Non aspettiamo – ha proseguito il porporato – che comincino gli altri, ma ciascuno nel suo ambiente si faccia protagonista di buone idee, proposte, dialogo, azione». Nel suo intervento il cardinale sottolinea che «la Chiesa non ha smania di protagonismo né intende dare lezioni a nessuno e neppure puntare il dito o condannare persone e istituzioni verso le quali nutre rispetto e offre, per quanto le compete, collaborazione cordiale, consapevole che la gestione della cosa pubblica è complessa, tanto più a Roma».
Tra i mali della città «l’indifferenza e impotenza», sottolinea Francesco D’Agostino, ordinario di Filosofia del diritto all’Università di Tor Vergata. Un altro bacillo è dato dalla deresponsabilizzazione «come se la responsabilità dovesse essere sempre degli altri e mai la nostra. Responsabilità vuol dire che tutti devono sentire il dovere di rispondere a dei bisogni di tutti coloro che fanno parte della comunità, soprattutto dei più deboli». Invece, «la presenza di Dio nella città deve essere scoperta e svelata. Essere partecipi della vita della città significa vivere nella logica della carità fraterna ricordando che rimettere a posto le relazioni umane è presupposto della rigenerazione della vita sociale». L’altra grande sfida è la convivenza e l’integrazione, che per Luigi Frudà, ordinario di Metodologia e tecniche della ricerca sociale alla Sapienza di Roma, «non è pretesa di assimilazione ma è rispetto delle identità, in un contesto sempre più multiculturale e multietnico». La prima azione , continua Frudà, per produrre integrazione è «conoscersi per riconoscersi» Roma è una città frammentata e multiforme: «La popolazione è il doppio di quella di Milano e ha una superficie che equivale per estensione alla somma delle superfici di nove città italiane. In un contesto così frammentato e differenziato non è secondario il ruolo delle parrocchie romane, che sono presidi territoriali».
Riguardo ai migranti e agli stranieri, elenca alcuni dati. «Gli stranieri residenti a Roma dal 1° gennaio 2015 sono poco meno del13% della popolazione romana. Quelli residenti in Italia sono l’8,7% della popolazione. La questione dei migranti si è sommata ai bisogni strutturali e alla carenze sociali e economiche da lungo tempo preesistenti. Quindi riguardo all’integrazione prevale un sentimento generalizzato di paura, timore, sospetto, incertezza nei confronti di un prossimo che appare, spesso a torto, sconosciuto e nuovo». La novità che possiamo registrare, sottolinea Frudà, è «la velocità del fenomeno migratorio, frutto di riassetti globali in vaste aree del mondo».
Molto attenta l’analisi di monsignor Enrico Feroci, presidente della Caritas diocesana. «Sono grandi i pericoli che corre la nostra città: le nuove povertà, l’esasperazione dell’individualismo e dell’utilitarismo. Un altro grande dolore è provocato dai giovani adulti, da quella fascia d’età tra i trenta e i quaranta anni. Nei loro occhi c’è disperazione. È un’intera generazione cui non è concesso di progettare il futuro. Poi c’è la povertà degli anziani. A Roma gli over 65 sono 638mila su una popolazione di quasi tre milioni di persone. Forte il fenomeno che i media definiscono “barbonismo domestico”. Altro anello debole è la famiglia, spesso lasciata sola in condizioni di difficoltà». Un’altra fragilità è il gioco d’azzardo: «A Roma ci sono 24.931 slot machine. La sala più grande ha 900 postazioni». È dunque necessario cambiare la grammatica del proprio agire affinché «ci sia il benessere attraverso il lavoro, l’educazione con la morale, gli affari con l’etica, i piaceri con la coscienza, la politica con i principi, la scienza con la responsabilità, la società con la famiglia». Ma come superare questo malessere?
«È necessario un profondo rinnovamento culturale e un investimento sull’educazione», dice Elisa Manna responsabile del settore di ricerca Politiche culturali del Censis..«Si deve aprire un cantiere che abbia al centro la formazione della nuove generazioni. Il che significa formazione integrale dell’essere umano in un mondo in trasformazione. Ma per educare i giovani è necessario avere un’idea chiara di società e di bene comune. Una consapevolezza distante dall’individualismo esasperato di cui è intrisa la società, che si lascia trainare dalla tecnologia e dall’economia alimentata solo dai desideri individuali. Combattere la desertificazione dell’etica – continua – vuol dire tornare a trasmettere valori come il senso della responsabilità, onestà, correttezza, rispetto per se stessi, per la propria dignità, inclusione dei più fragili e accettazione del dialogo tra diversità. Ma anche rispetto dell’ambiente, promozione del senso civico, educazione alla legalità». In questo rinnovamento culturale un ruolo centrale lo hanno i media «che talvolta propongono modelli di vita irreali e con il loro racconto morboso inaspriscono le conflittualità».
6 novembre 2015