Il clan Fasciani è mafia. Libera: nessuno potrà metterlo in discussione
L’associazione, costituita parte civile nel processo, commenta il pronunciamento della Corte d’Appello di Roma, che ha condannato per associazione mafiosa i membri dell’organizzazione di Ostia
Il clan Fasciani è mafia. La Corte d’Appello di Roma lo ha riconosciuto ieri, 4 febbraio – a 6 anni dall’arresto di don Carmine, della sua famiglia e dei complici, nel luglio 2013, attraverso l’operazione Alba Nuova -, condannando per associazione mafiosa l’organizzazione di Ostia. Un pronunciamento che « recepisce in maniera ineccepibile l’orientamento della Cassazione che ha delineato i connotati essenziali delle nuove mafie autoctone», commentano da Libera, costituita parte civile nel processo. Ora, aggiungono, «nessuno potrà più mettere in discussione la natura mafiosa dei clan che si sono spartiti i traffici illeciti nella Capitale e che per anni hanno condizionato la vita economica e democratica del litorale romano, arrivando sin dentro il cuore della città».
La sentenza – che ha riconosciuto l’associazione mafiosa e altri reati aggravati dall’uso del metodo mafioso nei confronti del clan Fasciani – «conferma le solide ragioni che, anche nelle aule di giustizia, ispirano da anni l’impegno dell’associazione Libera che si è sempre battuta, con la massima determinazione, per respingere ogni strumentale minimizzazione delle presenze mafiose nelle realtà del centro-nord», si legge nella nota diffusa da Libera. Una sentenza molto combattuta, a cominciare dall’Appello in cui cadde la contestazione dell’articolo 416 bis (associazione di tipo mafioso), inizialmente riconosciuto in primo grado. La Cassazione, accogliendo l’opposizione della procura generale, chiese quindi di rifare il processo di Appello. Ieri infine la conclusione del Fasciani bis, che ha detto la sua verità giudiziaria sulla mafia a Ostia.
160 in tutto gli anni di condanna inflitti al clan. Carmine Fasciani, il boss dell’organizzazione, è stato condannato a 27 anni e 6 mesi; la moglie Silvia Bartoli a 12 anni e mezzo; le due figlie Sabrina e Azzurra – riconosciute non organizzatrici ma «partecipi dell’associazione di stampo mafioso» – rispettivamente 11 anni e 4 mesi e 7. Condanne anche per il fratello del boss Terenzio (8 anni e 6 mesi), il nipote Alessandro (10 anni e 7 mesi), il braccio destro Riccardo Sibio (25 anni). Sette anni infine ai sodali Gilberto Colabella, Gilberto Inno e Luciano Bitti e 10 a Mirko Mazzoni ed Eugenio Ferramo.
5 febbraio 2019