Papa ai giovani: «Raccogliendo l’eredità di don Diana, diventate artigiani di pace»
La lettera al vescovo di Aversa Spinillo, nel 30° anniversario dell’uccisione del sacerdote. «Vicinanza e incoraggiamento a tutti voi che perseverate sulla via da lui tracciata»
«Il ricordo del tragico evento consumatosi trent’anni orsono, quando don Giuseppe Diana, parroco di San Nicola di Bari a Casal di Principe, nella mattina del 19 marzo 1994, fu barbaramente ucciso, suscita nell’animo di quanti lo hanno conosciuto e amato commozione oltre che gratitudine a Dio Padre per aver donato alla Chiesa questo “servo buono e fedele” (Mt 25,14), che ha operato profeticamente calandosi nel deserto esistenziale di un popolo a lui tanto caro, servito e difeso fino al sacrificio della propria esistenza». Inizia con queste parole la lettera del Papa al vescovo di Aversa Angelo Spinillo, nel 30° anniversario dell’uccisione di don Giuseppe Diana.
Il «pensiero paterno» di Francesco va «all’intera comunità diocesana e specialmente ai fedeli della parrocchia di Casal di Principe che, nel fare memoria di don Peppe, come affettuosamente veniva chiamato, vuole vivere la sua stessa speranza di camminare insieme incarnando la profezia cristiana, che ci invita a costruire un mondo libero dal giogo del male e da ogni tipo di prepotenza malavitosa». Ancora, la sua riconoscenza «va anche a coloro che continuano l’opera pastorale che don Diana ha avviato come assistente spirituale di associazioni e di gruppi di fedeli, in particolare di giovani e di realtà legate agli Scout. Esprimo vicinanza e incoraggiamento – prosegue – a tutti voi che perseverate sulla via tracciata da don Diana e, con impegno quotidiano, coltivate pazientemente il seme della giustizia e il sogno dello sviluppo umano e sociale per la vostra terra».
Nelle parole del pontefice, «la commemorazione del sacrificio di don Giuseppe ci sprona a ravvivare in noi quella evangelica inquietudine che ha animato il suo sacerdozio e lo ha portato senza alcuna esitazione a contemplare il volto del Padre in ogni fratello, testimoniando a chi si sente ferito il progetto di Dio, perché ciascuno potesse vivere nella giustizia, nella pace e nella libertà. A fronte di quella violenza e della prepotenza disumana che nega la giustizia e annulla la dignità delle persone, i cristiani sono coloro che annunziano il Vangelo e vivono la vocazione a essere con Cristo segno di un’umanità nuova, fecondata dalla fraternità e dalla comunione». Una consapevolezza che già nel 1982, ricorda, spinse i vescovi della Campani a «levare alta la voce della denuncia e riproporre con forza il progetto dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella verità (cfr. Ef 4,24) e sottolineare la contrapposizione stridente che esiste tra i falsi messaggi della camorra e il messaggio di Gesù Cristo».
Allo stesso tempo, scrive ancora Bergoglio, «sentiamo forte l’attualità delle parole che don Peppe Diana, con i parroci della zona pastorale di Casal di Principe, pronunciò nel Natale del 1991: “Come battezzati in Cristo, come pastori, Dio ci chiama a essere profeti. Il profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (cfr. Ez 3,16-18)». L’invito allora è a «rafforzare la fede e la speranza nella verità di Dio, ad accogliere la sua Parola e a custodire il proposito di edificare una società, finalmente purificata dalle ombre del peccato, capace di osare un avvenire di concordia e di fraternità».
Da ultimo, Francesco si rivolge in modo particolare ai giovani, «volto bello e limpido di codesta terra», rivolgendogli un’esortazione: «Non lasciatevi rubare la speranza, coltivate ideali alti e costruite un futuro diverso con mani non sporche di sangue ma di lavoro onesto, senza cedere a compromessi facili ma illusori, raccogliendo l’eredità spirituale di don Peppe per divenire, a vostra volta, artigiani di pace».
19 marzo 2024