Il premier britannico Sunak a Tel Aviv
Dopo il presidente Usa, è la volta del primo ministro inglese. «Il Regno Unito è dalla vostra parte. Anche i palestinesi vittime di Hamas». L’auspicio: «Progressi sugli aiuti a Gaza». Ripresi intanto i lanci di razzi dalla Striscia verso Israele. E Hamas chiama alla mobilitazione
«Il Regno Unito è dalla vostra parte». Il premier britannico Rishi Sunak lo ha scandito da Tel Aviv, dove è arrivato questa mattina, 19 ottobre, per una visita di due giorni nella quale incontrerà il suo omologo Benjamin Netanyahu e il presidente israeliano Isaac Herzog, prima di spostarsi in Giordania ed Egitto. Non solo: Sunak ha incontrato anche le famiglie degli ostaggi israeliani – almeno 203, soldati compresi, secondo fonti locali – all’hotel King David, a Gerusalemme. «Veder portato via un figlio è il peggior incubo di un genitore – ha scritto in un post su X -. Stamattina ho sentito parlare le famiglie che attraversano questa insopportabile agonia. Sono determinato a garantire il rilascio degli ostaggi presi dai terroristi di Hamas».
Dal primo ministro inglese, un appello a fermare l’escalation e, nello stesso tempo, a riaprire i canali per gli aiuti umanitari ai palestinesi «intrappolati nella Striscia di Gaza», dove nel frattempo le truppe israeliane continuano a entrare nel tentativo ”mirato” di localizzare dispersi israeliani o acquisire informazioni sulla loro sorte. E di ricercare terroristi di Hamas rimasti sul terreno. Al suo arrivo all’aeroporto di Tel Aviv, Sunak ha definito gli attacchi di Hamas del 7 ottobre «un atto di terrorismo indicibile e orribile» e ha ribadito che il Regno Unito è schierato con Israele.
Dal giorno dell’attacco, riferisce un portavoce dell’esercito israeliano, sono almeno 306 i militari israeliani uccisi. Ma non si fermano gli attacchi alla Striscia. La notte scorsa l’aviazione ha ucciso a Gaza il capo dei “Comitati di resistenza popolare” Rafat Harb Hussein Abu Hilal. Lo ha riferito il portavoce militare, spiegando che si tratta di una delle fazioni armate di Gaza che fiancheggiano Hamas. Nel 2006 i Comitati avevano partecipato al rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, un ostaggio che fu tenuto a Gaza per cinque anni e che fu rilasciato nel contesto di uno scambio di prigionieri. In altri attacchi condotti la scorsa notte, ha aggiunto il portavoce israeliano, sono stati uccisi anche «10 terroristi di “Nukhba”», l’unità di elite di Hamas.
Uccisa in un attacco a Gaz, riferiscono ancora fonti locali, anche Jamila al-Shanti, la vedova del cofondatore di Hamas Abdel Aziz al-Rantisi, prima donna eletta nel 2021 nell’Ufficio politico dell’organizzazione. Al-Rantisi era stato ucciso nel 2004 in un attacco israeliano durante la seconda intifada. Hamas, da parte sua, ha lanciato oggi un appello «alla nazione islamica e a tutti gli uomini liberi nel mondo» affinché organizzino «marce e dimostrazioni di grandi dimensioni in solidarietà con il nostro popolo».
Il portavoce dell’organizzazione Abdel Latif Kanua in un comunicato torna ad accusare Israele per il bombardamento sull’ospedale al-Ahli di Gaza. «La situazione della resistenza è buona – assicura -. Il popolo resiste nella propria terra e non si piegherà di fronte al nemico». L’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari dell’Onu informa intanto che oltre 98mila unità residenziali a Gaza sono state distrutte o danneggiate dall’offensiva israeliana, pari al 25% del totale. Una stima conservativa, avvertono, data l’impossibilità di accedere a zone gravemente colpite dai bombardamenti. Basti pensare che solo nella notte tra 17 e 18 ottobre è stato distrutto un edificio residenziale ad Al Bureij (Gaza centrale), dove sono morte 25 persone, e diversi altri hanno subito la stessa sorte a Jabalia (nord della striscia), dove ci sono stati 37 morti, riferiscono dall’Onu.
Oltre 513mila i palestinesi che stanno trovando rifugio presso le strutture dell’Onu in tutta Gaza, informa l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) in un ultimo aggiornamento. Ma crescono i rischi legati alla salute dovuti alla mancanza di acqua e alle scarse condizioni igienico-sanitarie nei rifugi provvisori Onu, «sovraffollati» e con «scorte molto limitate di cibo, prodotti per l’igiene e la pulizia e acqua potabile». Oltretutto, «le terribili condizioni, aggravate dai traumi dovuti alla guerra, hanno iniziato ad alimentare le tensioni tra gli sfollati interni nei rifugi», affermano dall’Agenzia Onu.
19 ottobre 2023