Il Premio Don Santoro, per chi ha messo al centro «la parte più fragile del mondo»
Il riconoscimento intitolato al fidei donum ucciso in Turchia nel 2006 assegnato ad Aldo Morrone, Mariolina Marchetti, German Plakoo Mlapa e Maria Teresa Marassi. Il vescovo Ambarus: «Oggi abbiamo bisogno di persone che diventano stimolo e modello per gli altri»
Un premio intitolato a don Andrea Santoro, il sacerdote fidei donum ucciso 16 anni fa in Turchia mentre pregava con la Bibbia tra le mani, è un modo non solo per guardare al «suo esempio luminoso, che indica ai giovani di mettere la propria vita al servizio della buona e bella notizia del Vangelo», ma anche l’occasione per ricordare, «in questi giorni di grave preoccupazione per l’Ucraina, che l’unica strada per perseguire la pace è quella della non violenza». Con questa riflessione sabato mattina, 26 marzo, suor Elisa Kidane, direttrice del Centro missionario diocesano che ha promosso l’iniziativa, ha aperto la cerimonia di premiazione, che ha avuto luogo al Seminario Romano Maggiore.
Rivolgendosi ai quattro premiati – Aldo Morrone, Mariolina Marchetti, German Plakoo Mlapa e Maria Teresa Marassi -, nel suo saluto il vescovo ausiliare Benoni Ambarus, delegato per la carità e i migranti nella diocesi di Roma, ha rivolto loro «soltanto tre parole»: scusate, grazie e continuate. «Vi chiediamo scusa – ha spiegato – se per caso puntando le luci su di voi con questo Premio vi abbiamo messo in imbarazzo, perché sappiamo che la vostra vita è stata spesa per lo più nel nascondimento» ma, ha aggiunto, «oggi abbiamo bisogno di persone che diventano stimolo e modello per gli altri». Ancora, il presule ha ringraziato, «a nome della Chiesa di Roma, per tutto quello che noi sappiamo che avete compiuto percorrendo la strada del bene, e lo sa soprattutto il Padre». Infine il monito: «Per favore, continuate perché abbiamo ancora bisogno dei cercatori di speranza, abbiamo bisogno che qualcuno continui ostinatamente a compiere il bene» affinché davvero «mio fratello sia trattato da fratello».
Il primo a ritirare il riconoscimento è stato Aldo Morrone, infettivologo di fama mondiale e direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano. Esperto nelle patologie tropicali e malattie della povertà, negli ultimi trent’anni si è occupato di medicina transculturale, contribuendo a focalizzare l’attenzione del pubblico e delle istituzioni sulla salute dei migranti e delle fasce a rischio di emarginazione sociale. «Il mio è un lavoro molto semplice – ha detto -: si tratta di aiutare le persone a ritrovare la loro dignità e la loro salute, sia a Roma che nel mondo. Questo premio va dato a chi con me ha scelto di mettere al centro la parte più fragile e vulnerabile del mondo» perché sono i più fragili «con la loro sofferenza, che come dice il Papa va toccata, ad insegnarci il senso della vita ed è la loro testimonianza che ha sempre dato un senso al mio lavoro».
A ritirare il premio per Mariolina Marchetti, 80 anni e volontaria romana della parrocchia dei Santi Martiri Canadesi oltre che appartenente all’Associazione fraternità internazionale (Afi), sono stati i fratelli e le sorelle. Intervenendo con un videomessaggio dalla Palestina, dove opera dal 1965 nelle scuole materne locali, Marchetti si è detta «sorpresa e commossa» per il Premio assegnatole e ha ricordato don Andrea Santoro come «una persona molto gentile e buona», della quale segue l’esempio portando avanti «un laboratorio di rispetto e collaborazione con la popolazione locale, sulla strada dell’amicizia e della solidarietà».
Salesiano, originario del Togo e oggi impegnato in una missione in Angola, padre Germain Plakoo-Mlapa è stato premiato per avere operato in contesti difficili, tra i quali il suo Paese e il Burkina Faso – dove è scampato ad un attentato – con i ragazzi di strada, sullo stile di don Bosco. Ritirando il Premio per lui, padre Pavel Ženíšek, membro del Settore per le missioni salesiane, ne ha ammirato la determinazione e il coraggio.
L’ultimo premio è andato alla memoria di Maria Teresa Marassi, scomparsa il 6 dicembre del 2020 e che «per circa vent’anni – è stato letto nella motivazione – ha svolto il suo servizio presso il Centro missionario diocesano, con grande amore, attenzione, puntualità e dedizione, senza dimenticare mai la propria vocazione missionaria ad gentes».
A margine delle premiazioni, Maddalena Santoro, sorella del sacerdote cui è stato intitolato il Premio, ha sottolineato l’importanza di «questo riconoscimento, che si potrebbe intitolare anche a tanti altri missionari», perché «la memoria e lo spirito che queste persone hanno seminato deve continuare e deve essere portato avanti».
28 marzo 2022