In Siria aumentano gli “Ospedali aperti”
Si amplia il progetto voluto dal nunzio Zenari: aperto un nuovo centro medico a Lattakia, in collaborazione con l’ong Pro Terra Sancta. con farmacista, reumatologo e ingegnere gestionale
Nella Siria che ha da poco compiuto l’undicesimo anno consecutivo di guerra, si amplia il progetto “Ospedali Aperti”, voluto dal nunzio apostolico il cardinale Mario Zenari, con il patrocinio del dicastero pontificio per il Servizio dello sviluppo umano integrale, che si avvale come partner tecnico della Fondazione Avsi. Apre, in collaborazione con l’ong “Pro Terra Sancta”, un nuovo dispensario medico nella città portuale di Lattakia, nel nord del Paese, presso la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, che arriverà ad assistere gratuitamente 300 persone. Al suo interno, un farmacista, un reumatologo e un ingegnere gestionale con abilità organizzative in ambito sanitario, che provvederanno alla distribuzione gratuita dei farmaci, a mantenere aggiornate le liste dei beneficiari con le rispettive necessità e a procedere a visite di medicina generale. Il costo delle cure sarà ripartito a metà tra Pro Terra Sancta e Avsi.
La necessità di aprire un nuovo dispensario medico è nei “numeri” di questi 11 anni di guerra, con le sanzioni che colpiscono duramente la popolazione: gli ultimi dati Onu disponibili parlano di più di 5 milioni e 700mila siriani rifugiati, con l’83% della popolazione che vite al di sotto della soglia di povertà. A Lattakia in particolare è stato intenso l’afflusso di rifugiati in fuga dalla guerra; questo ha portato ad una situazione di crisi sociale e ha reso necessarie risposte umanitarie rapide. A oggi, l’ambito sanitario è gestito però per lo più privatamente e il settore pubblico non riceve finanziamenti adeguati. Metà degli ospedali e dei centri di pronto soccorso della città sono chiusi a causa delle sanzioni che hanno colpito la Siria. Le fasce più povere della popolazione sono del tutto sprovviste di assistenza medica. In questa situazione, i danni provocati dalla pandemia da Covid-19 non possono ancora venire calcolati a fondo.
«Non si trova personale medico o paramedico in Siria, fuggito in gran parte negli ultimi otto anni. Non si possono mantenere operativi i macchinari, perché le industrie siriane sono in sofferenza, se non sono del tutto chiuse. Non si ha accesso a beni di base come elettricità, acqua corrente, benzina e gas – denunciano Eva Makoyan e Henriette Younes, cofirmatarie dell’informativa sul progetto -. La situazione economica e l’embargo ai danni del Paese hanno poi acuito la povertà della popolazione, già provata dalla guerra. A questo si aggiunge l’impatto della pandemia di Covid-19: la sanità pubblica è semplicemente collassata davanti al bisogno della gente di ricevere assistenza medica».
Per padre Fadi Azar, supervisore della nuova struttura, «possiamo aiutare a oggi 263 persone affette da malattie croniche. Le assistiamo anche con cure mediche e medici professionisti. Il nostro obiettivo – prosegue – è arrivare ad aiutare 300 persone. Il sistema sanitario qui in Siria è povero: c’è scarsità di medicine che non si trovano, e dobbiamo cercarle in Giordania e in altri Paesi. Il nostro dispensario assiste persone cristiane e musulmane; vengono tutti quelli che davvero sono poveri, che non possono acquistare le medicine (il prezzo dei medicinali è decuplicato dall’inizio della guerra, e viene rivisto al rialzo ogni sei mesi). Grazie a questo progetto possiamo provvedere ai nostri pazienti». In continuità con l’obiettivo con cui il progetto è stato ideato, nel 2016, per divenire operativo l’anno dopo. A renderlo possibile, il supporto di diversi donatori, tra cui la Cei e la Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs.
1° aprile 2022