La pace, «cammino e speranza»
Alla Cittadella della Carità, l’incontro con don Tono Dell’Olio (Pro Civitate Christiana) e il direttore Caritas don Ambarus sul messaggio del Papa
«La pace è un cantiere sempre aperto, dove non apparirà mai il cartello di “fine lavori” o di “personale al completo”. È cammino e speranza, due realtà inscindibili perché non c’è cammino senza speranza, né speranza senza cammino». Così don Tonio Dell’Olio, sacerdote dell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, da anni impegnato nel sociale, presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, ha presentato il tema dell’incontro di sabato 25 gennaio alla Cittadella della Carità. Un dialogo con don Benoni Ambarus, direttore della Caritas diocesana di Roma e organizzatore dell’evento, per approfondire il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace: “La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica”.
«Non siamo abituati a pensare la pace in termini di dinamicità: per noi è piuttosto “assenza di guerra”, una condizione statica, immobile, comoda, più affine al cimitero che alla tensione dell’impegno quotidiano – riflette don Tonio, richiamando le parole del suo amico e collaboratore il vescovo Tonino Bello, di cui è in corso la causa di canonizzazione. «Il vero dramma di oggi è la “castrazione del sogno”. A nome di un certo pragmatismo, soprattutto tra le nuove generazioni si è assottigliata la capacità di un sogno alto. Ma senza una speranza, un’utopia anche lontana, non ti metterai mai in cammino per raggiungerla».
Le tre strade che il Papa indica per costruire la pace sono alla portata di tutti. Innanzitutto il dialogo: «Non semplicemente il parlarsi ma piuttosto un ascolto che porta a conoscersi, imparare a stimarsi e riconoscere quanta ricchezza e fecondità c’è nell’altro, provando a vedere il mondo col suo sguardo», riflette don Tonio. L’altro aspetto necessario per vivere la pace è la riconciliazione: «Una giustizia che non è imposizione di leggi con la forza ma la logica “eccessiva” del perdono – afferma don Benoni -. È sentirci in debito con chiunque abbia un vuoto: con il povero che manca del pane, con lo sprovveduto che ha bisogno di aiuto, con l’avversario, perché ha bisogno di riconciliazione. Dio nei miei confronti ha perdonato tutto, io devo far circolare questo perdono». E, non ultima, serve una “conversione ecologica”, «un rapporto nuovo col creato, che riguarda, prima di tutto, a livello personale, i nostri stili di vita – sottolinea ancora don Tonio -. È la capacità di chiedersi ogni volta che impatto sto lasciando con questo gesto, con questa scelta».
A ostacolare il cammino della pace, il Papa indica a più riprese la paura: «Investire nella minaccia alimenta sfiducia e ripiegamento nella propria condizione. La corsa agli armamenti, ad esempio, oltre ad essere un dispendio esorbitante di risorse, non crea un clima di fiducia», rimarca don Tonio. La nostra società umana vive «l’assurdità del “se vuoi la pace, prepara la guerra” – denuncia don Benoni -. Poiché sono io il più forte, detto io le condizioni perché l’altro possa continuare a vivere. Quando non ci sono relazioni vere tra le persone, ci riempiamo di cose e non siamo più in grado di riconoscere l’altro come fratello, né di coltivare l’armonia – prosegue -. È prima di tutto il cuore che va rieducato, rievangelizzato, dominando la tentazione del dominio e facendo circolare quanto ricevuto. Lì nasce la pace». Per far questo, è importante «la testimonianza, conoscere le persone in carne ed ossa – conclude don Tonio -. In guerra il nemico è sempre meramente un obiettivo. Di fronte all’incontro vero con l’altro, che è invece un volto che ti parla, una storia che si racconta, una vita, tutti i pregiudizi cadono».
27 gennaio 2020