Le guerre e la salute mentale dei bambini visite da Save the Children

Pubblicato il rapporto “La strada verso la guarigione”: 142 milioni i piccoli in zone di conflitti ad alta densità; 24 milioni ne soffrono le conseguenze

A oggi, sono 142 milioni i bambini che vivono in zone di conflitti ad alta intensità; 24 milioni quelli che soffrono delle gravi conseguenze delle guerre sulla loro salute mentale. Tra questi, 7 milioni sono a rischio di sviluppare disturbi mentali acuti. I sintomi: depressione, ansia, atti di autolesionismo, fino ad arrivare talvolta a tendenze suicide. Eppure solo lo 0,14% di tutta l’assistenza ufficiale allo sviluppo è destinata al supporto dei bambini con problemi di salute mentale. A lanciare l’allarme è Save the Children, nel rapporto “La strada verso la guarigione: supportare la salute mentale dei bambini nei conflitti”, presentato oggi, 11 settembre, alla vigilia del meeting dell’assemblea generale delle Nazioni Unite della prossima settimana.

«Ragazzi e ragazze in conflitto vedono morire i loro familiari e i loro amici. Assistono al bombardamento delle proprie case o scuole. Vengono negati loro i bisogni primari e possono essere separati dagli adulti che si prendono cura di loro – riferisce il direttore della comunicazione di Save the Children Filippo Ungaro -. Se si verificano problemi di salute mentale e angoscia, questa è una reazione completamente normale a circostanze estreme e anormali per loro. Questa guerra sui bambini deve finire – prosegue -. Chiediamo agli Stati che si incontrano presso l’assemblea generale delle Nazioni Unite e a tutte le parti in conflitto di sostenere e far rispettare le norme e gli standard internazionali istituiti per impedire che siano i bambini a pagare il prezzo più alto; e di impegnarsi ad aumentare i finanziamenti in modo che i bambini in conflitto possano risollevarsi».

Il rapporto riferisce gli esiti di una ricerca condotta dall’organizzazione in alcuni Paesi colpiti da conflitti. E attesta che i bambini hanno detto di essere esposti a gravi violazioni, dal lavoro minorile, alla violenza di genere, compresa la violenza sessuale. «Dal 2010, il numero di bambini che vive in zone di conflitto è aumentato del 37% ma il numero di gravi violazioni verificate nei loro confronti – tra cui uccisioni e mutilazioni, reclutamento nelle forze armate e violenza sessuale – è aumentato del 174%», si legge nel rapporto dell’organizzazione. Ancora, i ricercatori di Save the Children segnalano che «nel 2017 circa 173.800 bambini si sono ritrovati soli o separati dalle loro famiglie a causa degli scontri e più di 8mila tra ragazzi e ragazze, in zone di conflitto, sono stati rapiti, reclutati e usati dalle forze armate». E mettono in guardia: «Ogni grave violazione, attacco aereo e assedio può avere conseguenze gravi e negative sulla salute mentale e sul benessere dei più piccoli».

In generale, i bambini che vivono in zone di conflitto hanno paura per il loro futuro. Secondo il report, l’impatto dei conflitti sui bambini ha dinamiche molto complesse ma ci sono  degli effetti comuni a tutti, come la paura per i bombardamenti o semplicemente del rumore degli aerei – come capita ai bambini della Siria e della Striscia di Gaza – o il timore di percorrere la strada verso la scuola per quelli che vivono in Afghanistan. In generale, i piccoli nelle aree di conflitto non possono andare a scuola e temono quindi che non riusciranno a trovare un lavoro. Tutto ciò aggrava le disuguaglianze e le vulnerabilità già esistenti, con ripercussioni sulla salute mentale e il benessere, con criticità maggiori per i più vulnerabili. Prime fra tutti, bambine e ragazze, maggiormente esposte al rischio di violenza di genere. I ragazzi invece sono più spesso soggetti a reclutamento forzato, ma anche a violenza sessuale, stress ed eventi traumatici. Oltre che sulle esperienze immediate dei bambini, i problemi di salute mentale e il disagio psico-sociale possono avere ripercussioni durature anche sul loro sviluppo emotivo, comportamentale, cognitivo e fisico. I bambini però sono in grado di mostrare una notevole capacità di ripresa se la causa scatenante l’angoscia e l’ansia si è conclusa e se ottengono un sostegno adeguato.

Per l’organizzazione, il sostegno ai bisogni sulla salute mentale dei bambini nei conflitti è «drammaticamente inadeguato». L’assemblea generale delle Nazioni Unite – e il prossimo vertice sulla salute mentale nei Paesi Bassi – rappresentano un’opportunità vitale per «aumentare i finanziamenti per fornire un sostegno critico alla salute mentale per i bambini nelle catastrofi umanitarie». Save the Children chiede inoltre ai donatori di «impegnarsi in un sostegno finanziario per lo sviluppo e il rilascio di un diploma per professionisti di livello medio-alto in contesti di conflitto, specializzati sulla salute mentale di bambini e adolescenti». Dato il numero di minori colpito dai conflitti in corso nella regione del Medio Oriente, il corso sarà probabilmente avviato e diretto in questa regione. Il corso per il diploma dovrebbe iniziare nel 2021 e i finanziamenti sono fondamentali perché ciò avvenga.

Nella giornata di oggi l’organizzazione diffonde anche il video “Emma e l’incubo del rientro a scuola”, realizzato dall’agenzia Unfold: immagini provocatorie, che raccontano di una bambina che si prepara al suo primo giorno di scuola. Eppure, per troppi bambini, rientrare a scuola significa la paura dei bombardamenti e trovare un modo per sopravvivere. Nel video infatti, le scene si susseguono in un mix che crea quasi uno sdoppiamento di vite e contrappone la tranquilla quotidianità di una bimba pronta a uscire di casa per andare a scuola alle scene a cui la stessa bimba sarebbe assisterebbe se vivesse in un Paese in conflitto.

11 settembre 2019