L’Italia del ‘900 vista con gli occhi di Alberto Sordi

A 20 anni dalla morte, immagini e video dei suoi film nella villa che fu la sua casa dal 1958 al 2003. La curatrice Sette: «Riuscì a intercettare i cambiamenti della sua epoca»

Si respira aria di storia, e non solo di quella del cinema, entrando nella casa di Alberto Sordi. La breve ma ripida salita che porta all’ingresso, a due passi dalle Terme di Caracalla, separa il caos della città dalla pace che regna nella villa. Un’isola rimasta incontaminata, la cui soglia risulta quasi difficile attraversare. Un po’ per rispetto, un po’ per soggezione. Consapevoli di come Albertone abbia sempre cercato di mantenere un estremo riserbo sulla sua vita privata. Di fianco alla porta principale c’è un busto che lo ritrae come un imperatore romano. Ma quello che salta subito all’occhio sono la Fiat Tipo e la 124, parcheggiate sotto una piccola tettoia nel giardino. Sono le autovetture appartenute all’attore. Oggi conservate dalla Fondazione Museo Alberto Sordi, alla quale è affidata dal 2011 l’intera custodia dell’eredità morale e materiale dell’artista. E che, a vent’anni dalla morte, ha deciso di realizzare una mostra per omaggiarlo nella ricorrenza della sua scomparsa. Per promuovere la Casa Museo, che prossimamente aprirà interamente a piccoli gruppi di visitatori su prenotazione. Ma soprattutto per continuare a conservare e divulgare la sua memoria e le sue opere.

La mostra, intitolata “Alberto Sordi e il suo tempo” e curata da Anna Maria Sette, è visitabile fino al 26 novembre. Proprio all’interno di quella che è stata la dimora dell’attore dal 1958 al 2003. Che, per l’occasione, ha aperto al pubblico il grande salone e il teatro dove l’attore usava proiettare in anteprima le pellicole dei suoi film. I due ambienti sono spogliati provvisoriamente degli arredi originari per ospitare l’esposizione. Ma sono riempiti di foto, didascalie e citazioni che ripercorrono cronologicamente la storia dell’Italia e la vita di Sordi. Su alcuni monitor riecheggia la voce dell’artista mentre racconta aneddoti, immergendo lo spettatore in un’esperienza multisensoriale. «Ho selezionato le foto seguendo un criterio estetico – spiega Anna Maria Sette – e cercando il più possibile di abbinare l’immagine cinematografica a quella storica. Come nel caso del film “Un borghese piccolo piccolo”, al quale ho associato una foto della strage di piazza della Loggia a Brescia. Perché il cinema di Sordi è strettamente connesso con la storia dell’Italia. Tutti i suoi lavori sono legati alle vicende del Novecento. È riuscito a intercettare i cambiamenti della sua epoca, interpretandoli e portandoli sullo schermo attraverso i suoi personaggi e i suoi film. Da questo deriva il titolo della mostra. Sordi non è stato solo un attore, ma anche un fine intellettuale».

In effetti l’artista è stato anticipatore di molti problemi che toccano da vicino i nostri giorni. Tra tutti quello dei trafficanti d’armi (tema più volte stigmatizzato da Papa Francesco) in “Finché c’è guerra c’è speranza”. «Oggi purtroppo la questione è più che mai attuale. Ci sono Paesi che si sostengono quasi esclusivamente con l’economia della guerra. Ma non dimentichiamoci anche del film “Mafioso”, girato nel 1962 per denunciare la mafia, quando in molti ne negavano ancora l’esistenza», sottolinea la curatrice. Secondo la quale Sordi si sarebbe fatto sicuramente interprete anche delle problematiche di questi giorni: «Penso che con il suo talento sarebbe stato capace di trattare gli aspetti di oggi, offrendo spunti di riflessione ai nostri politici. Avrebbe dipinto un’Italia più connessa con il resto del mondo, immersa nella globalizzazione e in fenomeni come quello delle migrazioni».

Alberto Sordi, dunque, è più vivo che mai. E l’esposizione lo conferma. Una mostra rivolta alle generazioni di adulti che sono cresciute con i suoi film. Ma soprattutto ai più giovani che non li hanno ancora visti. Per far scoprire loro la bellezza e l’attualità del suo cinema. «A un giovane consiglierei di iniziare con dei titoli più leggeri, realizzati a episodi. Come “Guglielmo il dentone” o “Le vacanze intelligenti”. Per poi passare successivamente alla drammaticità di “Una vita difficile”, film a cui Sordi stesso disse di esser rimasto più legato. Senza dimenticare le pellicole più iconiche come “Un americano a Roma” e “Il Marchese del Grillo”, suggerisce la curatrice. Perché, parafrasando Gigi Proietti il giorno dei funerali, Alberto Sordi non è “sortanto un granne attore”. È tanto di più. (Giuseppe Muolo)

2 novembre 2023