Pino Daniele, l’ultimo saluto al Divino Amore

Celebrati al santuario del Divino Amore i funerali del cantautore e musicista napoletano. Padre Campetella: «Era innamorato di Padre Pio». Tanti gli artisti presenti. Cerimonia funebre in serata anche a Napoli.

«Adesso Pino vede con gli occhi di Dio e gli chiediamo di pregare per noi. Ma noi dobbiamo pregare per lui», ricorda nell’omelia padre Renzo Campetella, francescano dei frati minori, vicario parrocchiale di San Sebastiano fuori le Mura e rettore del Convento San Pietro in Montorio. È lui a presiedere le esequie di Pino Daniele, nel grande santuario del Divino Amore, davanti a migliaia di persone.

Tramite il primogenito Alessandro, suo parrocchiano, aveva conosciuto il celebre cantautore, raccogliendone spesso le sue intime confidenze. «Umanamente era un grande», ci racconta prima di iniziare la celebrazione, ripensando al Pino Daniele schivo e riservato che probabilmente non avrebbe apprezzato tutto il clamore e le liti circa il suo funerale. Liti relative anche ai soccorsi dopo il suo malore, tanto che si indaga per omicidio colposo ed è prevista l’autopsia.

«Come tutti gli artisti non aveva una vita che gli permetteva di essere molto praticante – ci confida padre Renzo -, ma seguiva un suo cammino di fede ed era letteralmente innamorato di Padre Pio, che lui chiamava Francesco, nome che aveva voluto dare anche all’ultimo figlio. Era un padre molto attento con i figli. Speriamo che adesso non litighino per l’eredità».

Tra lacrime e discussioni, dunque, si è arrivati a oggi con un doppio funerale per Giuseppe Daniele, nato a Napoli il 19 marzo 1955 e morto a Roma il 4 gennaio 2015, prima al santuario della Madonna del Divino Amore, scelto dai figli per accogliere fan, parenti, amici e colleghi; poi, a grande richiesta, a Napoli, alle ore 19, direttamente in piazza Plebiscito, con il cardinale Crescenzio Sepe, per accontentare i suoi concittadini che hanno perso uno dei figli più illustri e anticonformisti della città.

La cerimonia romana inizia prima del previsto. Alle 11.15 arriva il figlio Alessandro, che durante la Messa dimostrerà in più occasioni di essere il perno tra le due famiglie, come quando, al Padre nostro, si sporgerà vero l’altra fila, dove sedevano i figli della seconda moglie, per formare un’unica fila tenendosi la mano. Alle 11.40 il coro intona “Chi ci separerà” per dare l’avvio all’ultimo saluto.

Il feretro di Pino Daniele giace ai piedi dell’altare ricoperto di corone di rose bianche e rosse, tra i carabinieri in alta uniforme e i vigili con lo stendardo di Roma Capitale. Monsignor Pietro Bongiovanni, amministratore parrocchiale del Divino Amore, introduce il rito. A concelebrare ci sono anche padre Michele Motta, cappellano capo alla Cecchignola, e due sacerdoti arrivati da Napoli.

La chiesa è gremita. Nelle prime file i familiari: da una parte Alessandro, con la moglie, e Cristina, davanti alla madre Dorina Giangrande, la prima moglie (corista, che aveva partecipato alla lavorazione dell’album d’esordio “Terra Mia”); nella fila accanto, la seconda moglie Fabiola Sciabbarrasi, che insieme a Pino è rimasta 20 anni, con Sara, Sofia, e Francesco. In chiesa anche l’ultima compagna, Amanda Bonini, che era con lui la sera del decesso.

Tra i fratelli, solo Nello e Salvatore; gli altri – Carmine, Patrizia e Rosaria -, con problemi di salute, parteciperanno alle esequie a Napoli. E poi la famiglia “musicale”, i suoi musicisti e amici di una vita: Tullio De Piscopo, James Senese, Tony Esposito, Enzo Avitabile, che si stringono affranti tra loro, orfani di un “fratello”. Saranno i primi anche dietro al feretro all’uscita della Messa.

È il momento delle letture, scelte con cura da padre Renzo insieme al primogenito. La prima è tratta dal Libro delle Lamentazioni (“Sono rimasto lontano dalla pace, ho dimenticato il benessere”). La seconda da san Paolo ai Corinzi (“Perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili”). Il Vangelo di Matteo sul Giudizio finale. Poi l’omelia, durante la quale padre Renzo riceve diversi applausi e consensi, senza risparmiare raccomandazioni e spunti di riflessione taglienti.

«Dio a Pino non ha chiesto dei dischi, della fama e del successo, ma di quello che sta scritto nel Vangelo», ammonisce il francescano, che fa sorridere la platea quando ricorda che “Se campa ‘na volta sola. Tanti se pensano de esse immortali». Usa il romanesco per catturare l’attenzione dell’affollata platea e ne approfitta per lanciare un messaggio non solo ai familiari: «Salvate la famiglia! Se salvate la famiglia salvate la società… Vedo anche i ragazzini della mia parrocchia che a 16 anni, alle 2 di notte stanno ancora in giro, ma i genitori dove stanno? I figli vanno custoditi e controllati». Alla fine, un ammonimento diretto ai figli: «Mi raccomando, state uniti, è il più bel regalo che potete fare a vostro padre.

Tanti i vip, sparsi tra le file davanti all’altare: Eros Ramazzotti, seduto accanto alla figlia Aurora, amica della figlia di Pino, Sara; vicino a loro Biagio Antonacci, poi Jovanotti, Francesco Renga, Marco Mengoni. Dall’altra parte, Renato Zero, Antonello Venditti, Mario Biondi, Nino D’Angelo, Fausto Leali, Umberto Tozzi, Giuliano Sangiorgi, Irene Grandi, Raiz, Serena Autieri, Lina Sastri, Cristina Chiabotto e Fabio Fulco, Gigi D’Alessio con Anna Tatangelo, Fiorella Mannoia, Clementino, Rocco Hunt, Stefano Di Battista con Nicky Nicolai, Rossana Casale, Claudio Mattone con il figlio Tullio, gli attori di “Un posto al sole” Germano Bellavia e Marzio Honorato, e poi l’ex sindaco di Napoli e presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, e l’assessore alla cultura Giovanna Marinelli per il Comune di Roma.

All’uscita si alza il volume: quello della musica. Con alcuni successi di Pino Daniele: “Napul’è”, “Quando”, “Voglio ‘o mare”, “Quanno chiove”, i fan cantano e riprendono con i telefonini fino ad ora interdetti. Si fatica a trattenere le lacrime. Renato Zero è una maschera di cera muta, Jovanotti e Mario Biondi hanno le lacrime agli occhi. Gli altri si nascondono dietro le lenti scure.

Il giovane rapper napoletano Clementino si toglie il cappello e ci racconta il suo ultimo ricordo: «Quindici giorni fa eravamo insieme sul palco. Sono onorato che abbia scritto la sua ultima canzone per me. Sarà dura inciderla, ma sarà il mio modo per rendergli omaggio». Intanto anche i musicisti napoletani stanno già pensando di organizzare un grande concerto in memoria del “mascalzone latino”.

«Con lui non se ne va solo un pezzo di Napoli, ma di musica italiana», dice Nino D’Angelo, che parla «da fan non da collega». «Pino appartiene al mondo, come Napoli appartiene al mondo», gli fa eco Marzio Honorato. «Una guida» lo definisce Rocco Hunt, altro giovane cantautore salernitano, vincitore della sezione delle Nuove Proposte all’ultimo Festival di Sanremo.

Finita la musica, all’esterno del santuario sull’Ardeatina, mentre ancora una marea di gente aspetta per veder andar via il feretro alla volta di Napoli, partono i cori. “Pino, Pino!”. La sua città lo acclama, lo aspetta. Sì, perché lui era napoletano, ma era anche “Nero a metà”, come l’album che gli aveva dato la popolarità nel 1980. Aveva scelto Roma per vivere e lavorare, e la Maremma per riposare. Il suo ricordo vive nel cuore di chi ha amato lui e le sue canzoni.

7 gennaio 2015