Progetto San Bartolomeo, per servizi sanitari a misura dei più fragili

Presentata la nuova iniziativa di Sant’Egidio e Fondazione Deloitte, all’Ospedale Gemelli Isola Tiberina. Oltre 170 le persone già prese in cura, provenienti da oltre 30 Paesi

Un diritto non può dirsi tale se non viene garantito a chiunque e senza eccezioni. Eppure, in un’Italia uscita affaticata dalla pandemia, la povertà sanitaria trova spazio nelle pieghe di una società in cui le diseguaglianze sono sempre più evidenti. Lo dimostrano i dati raccolti dal Banco Farmaceutico che, nel suo ultimo rapporto, ha segnalato come la povertà sanitaria sia “endemica” nel nostro Paese. Al punto tale che, per far quadrare i conti, una famiglia su sei sceglie di risparmiare proprio sulla salute. La sanità pubblica è in affanno. Lo si avverte da un sistema sanitario che in ogni Regione corre su binari diversi. E lo si osserva dalle liste d’attesa che, per molti, sono il preludio della rinuncia a curarsi. Un esito che ha il sapore della sconfitta per un Paese che si impegna a tutelare «la salute come fondamentale diritto dell’individuo», recita la Costituzione.

È per evitare che questa sconfitta gravi sulle spalle dei più deboli che all’Ospedale Gemelli Isola Tiberina di Roma ha preso vita il progetto “San Bartolomeo”. «Un esempio positivo di un impegno che risponde al crescente bisogno di accogliere i più fragili e di prendersi cura di loro con umanità», le parole scelte dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, per descrivere l’iniziativa realizzata da Comunità di Sant’Egidio con il sostegno di Deloitte e Fondazione Deloitte. L’obiettivo del progetto, presentato il 27 maggio all’ospedale Gemelli Isola Tiberina, è ampliare e facilitare l’accesso ai servizi sanitari alle persone con particolari fragilità. «Questo progetto nasce dall’ascolto della realtà», ha raccontato il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. «Ascoltando la realtà di Roma – ha proseguito -, abbiamo rilevato che diverse persone non avevano accesso da molto tempo ai servizi sanitari e presentavano problemi di salute, anche gravi, non adeguatamente trattati».

L’iniziativa, partita a gennaio 2023, ha già preso in cura oltre 170 persone. Non sono solo cittadini italiani, ma anche uomini e donne reduci da esperienze migratorie faticose. I bisogni sono tanti, ha spiegato la dottoressa Giusi Lecce, referente del progetto per la Comunità di Sant’Egidio: «Si avvicinano a noi tantissime donne, magari migranti, con patologie importanti, ma che hanno dovuto abbandonare in fretta i loro Paesi». Sono più di 30, infatti, i Paesi di provenienza dei primi utenti del progetto che hanno già potuto accedere agli ambulatori di Ginecologia, Ostetricia, Senologia e Odontoiatria. Tra le 132 donne prese in carico c’è persino qualcuna che non ha mai fatto visite mediche nel corso della vita.

«Umanità, accoglienza e solidarietà muovono la nostra missione e la sanità cattolica», ha commentato Paolo Nusiner, presidente del Gemelli Isola Tiberina, citando il monito di Papa Francesco. «Come Chiesa siamo chiamati a rispondere soprattutto alla domanda di salute dei più poveri, degli esclusi e di quanti, per ragioni di carattere economico o culturale, vedono disattesi i loro bisogni», aveva detto nello scorso aprile il pontefice. E sono state proprio le parole del Santo Padre a guidare la realizzazione di un’iniziativa che si propone di invertire la tendenza della cultura dello scarto sociale. «Il Santo Padre è stato profetico nell’immaginare il rilancio di questa struttura», ha commentato il segretario generale del ministero della Salute Giovanni Leonardi. La vera missione sarà intercettare sempre più persone bisognose di assistenza sanitaria per garantire loro «un equo accesso a cure di qualità, a prescindere dallo stato socio-economico, dal genere di appartenenza e dalla provenienza geografica», ha concluso Fabio Pompei,  Ceo di Deloitte Italia.

29 maggio 2023