Aree civili ancora una volta sotto attacco in Siria. È successo a Mishmishan, nel governatorato di Idlib, nord-ovest del Paese, dove nei giorni scorsi è stato colpito da un raid aereo un centro sanitario supportato da Medici senza frontiere. Il bilancio: 6 morti – tutti pazienti o loro accompagnatori – e 17 feriti, tra cui 3 medici. Le vittime, denunciano da Msf, avrebbero potuto essere molte di più: il bombardamento infatti è avvenuto mentre l’equipe medica del centro era impegnata in alcuni villaggi limitrofi per seguire il programma di vaccinazioni. «È solo per una coincidenza che la vita dei suoi componenti, oltre a quelle dei genitori e dei bambini che sarebbero stati in fila per le vaccinazioni, sono salve».

Quello di Mishmishan, rilevano gli operatori di Msf, è solo l’ultimo di una serie di attacchi contro strutture mediche e ospedaliere in tutta la Siria, dove «dalla metà di dicembre scorso gli intensi combattimenti in diverse aree, sia con attacchi aerei che con bombardamenti di terra, stanno inoltre causando uno dei più grandi sfollamenti di persone dall’inizio della guerra». Le violenze «sono in aumento e stanno mettendo a dura prova la popolazione con già alle spalle quasi sette anni di guerra».

Per Omar Ahmed Abenza, capo dei programmi di Msf per la Siria nord-occidentale, «è triste e innegabile vedere come aree civili, in particolare strutture sanitarie, siano ancora sotto attacco nel nord-ovest della Siria e come questi attacchi, sempre costanti in questi sette anni di conflitto, stiano crescendo di intensità fino a raggiungere un preoccupante livello d’allarme. È un atto oltraggioso che non può essere tollerato – prosegue -. L’obbligo di evitare le aree e infrastrutture civili, come quelle mediche, è il primo passo per evitare una catastrofe».

Nel centro sanitario di Mishmishan Msf supportava in particolare le attività di vaccinazione, che solo nella seconda metà del 2017 hanno coinvolto più di 10mila bambini. Questo servizio è ora in frantumi: l’area dove si svolgevano le vaccinazioni è stata gravemente danneggiata.In più, «sono stati colpiti lo stock di vaccini e i frigoriferi necessari per mantenerli al fresco», informa Abenza. Attualmente, per paura di nuovi bombardamenti, la direzione ha deciso di limitare i servizi per ridurre al minimo il rischio per i medici e ha dimesso i pazienti meno critici. Nella struttura è rimasta attiva solo una piccola equipe per la gestione del pronto soccorso e della sala operatoria.

«Le nostre cliniche mobili curano i pazienti che riescono ad intercettare ma ci sono centinaia di migliaia di sfollati sparsi nell’area settentrionale di Idlib e non tutte le persone possono recarsi da un medico o da un infermiere», sottolineano da Msf. «Quando gli operatori delle nostre cliniche mobili si recano nei campi incontrano persone che cercano riparo dal freddo in tende sovraffollate – conclude Abenza -. Uomini, donne e bambini che hanno camminato per decine di chilometri, a piedi nudi, per fuggire dai combattimenti o per evitare il rischio di esserne coinvolti». Tra i bisogni medici più diffusi ci sono le infezioni del tratto respiratorio e le malattie croniche, come il diabete e l’ipertensione. Senza l’accesso alle cure, «queste condizioni possono solo peggiorare fino a rendere potenzialmente pericolose per la vita anche malattie croniche o curabili».